Libri. Nuovo equilibrio globale e fine della democrazia esportata in “World order” di Kissinger

kissHenry Kissinger, 91enne repubblicano, già segretario di Stato durante le presidenze Nixon e Ford, è tornato nelle librerie americane con un saggio di grande attualità.

Il Medio-Oriente è ormai una polveriera, dall’Iraq alla Siria a Israele e alla Palestina. La Cina spadroneggia nell’Est e mira a estendere il proprio raggio di influenza al Pacifico, mettendo a seria prova l’America (sempre più fiacca in seguito a una politica estera decisamente fallimentare). La Russia si attesta su posizioni revansciste, con l’annessione della Crimea e i continui tentativi d’invasione dei territori dell’Ucraina orientale. Uno stato di cose che per Kissinger non può che essere ricondotto al vuoto politico che contrassegna oggigiorno il sistema internazionale. Che peraltro gli Stati Uniti hanno contribuito a determinare con una politica estera sconsiderata.

Insomma, quello che Henry Kissinger ci restituisce in World order* è il ritratto di un mondo in cui imperversa il disordine e – stando alle conclusioni dell’autore – l’unica via d’uscita parrebbe essere soltanto quella di un nuovo ordine mondiale.

Dalla caduta del muro di Berlino  e soprattutto dalla disgregazione dell’URSS, l’America ha rivestito il ruolo di potenza egemone; ed è scontato dunque che la responsabilità maggiore della congerie geo-politica attuale ricada in larga parte sugli States.

Per Kissinger il sistema unipolare, sinora mantenuto tra alti e bassi, starebbe del resto per approdare a una fine ingloriosa. Dopo aver condotto una politica scellerata sul fronte degli Esteri, l’America si ritrova difatti con l’Afghanistan in stallo e l’Iraq conteso tra l’ISIS – il gruppo estremista sunnita – e il governo ufficiale.

C’è di più: il vento democratico dell’amministrazione Obama, che inizialmente sembrava spirare in favore di un ritiro delle truppe dai teatri di guerra, pare stia cambiando direzione: sembra essere imminente, infatti, un nuovo intervento militare in Medio-Oriente. Nel contempo si prevede la messa in essere di una politica di forte rigore volta a contenere le mire espansionistiche di Putin; quando – a parer di Kissinger – l’Occidente piuttosto dovrebbe rassegnarsi, perché – a suo dire – la Russia non sarà mai disposta a considerare l’Ucraina un paese straniero.

Rebus sic stantibus, l’operato dell’amministrazione Obama non farebbe altro che confermare l’opinione degli esperti che rilevano da tempo un continuum con il governo repubblicano di Bush. Nel 2011 la deposizione di Mubarak, che ha consentito il colpo di stato militare del partito integralista dei Fratelli Musulmani, è avvenuta, infatti, con il silenzioso beneplacito di Washington. L’America, incalzata da Gran Bretagna e Francia, è altresì responsabile del rovesciamento di Gheddafi che ha gettato la Libia nelle mani di bande di terroristi appartenenti a tribù rivali; complicando la già intricata situazione della politica mediterranea.

Eppure l’America – stando a Kissinger – deve continuare a svolgere il ruolo di leadership per garantire gli equilibri internazionali e contribuire all’instaurarsi di un nuovo ordine mondiale; che, però, deve realizzarsi in concerto con gli alleati e, al fine di scongiurare la minaccia di un’ennesima guerra, con gli stessi rivali degli americani. Sul «Wall Street Journal», il 29 agosto scorso, Kissinger ha ribadito la necessità di un nuovo equilibrio mondiale, nella fattispecie di un «ordine mondiale di Stati che affermino dignità individuale e governance partecipativa, e che cooperino internazionalmente in conformità con le regole concordate» («world order of states affirming individual dignity and participatory governance, and cooperating internationally in accordance with agreed-upon rules»).

Basta, dunque, con una politica estera basata sull’esportazione della democrazia: per Kissinger la prossima sfida degli Stati Uniti consisterà altresì nel riconoscere, insieme ai «principi universali», «la realtà delle diverse storie, culture e della visione di sicurezza di altre regioni» («the celebration of universal principles needs to be paired with recognition of the reality of other regions’ histories, cultures and views of their security»).

L’ordine mondiale auspicato da Kissinger dovrà ispirarsi al “Concerto europeo” che, tra il 1815 (fine delle Guerre napoleoniche) e il 1878 (Congresso di Berlino), garantì l’equilibrio delle potenze europee. Il “Concerto europeo”, noto anche come “Sistema del Congresso”, cominciò a indebolirsi a partire dalla rivoluzione francese del 1830, mentre quel che di esso restava dopo il ’78 ebbe fine con il crollo degli Imperi centrali (primo conflitto mondiale).

*Henry Kissinger, World Order: Reflections on the Character of Nations and the Course of History, The Penguin Press

Giuseppe Balducci

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