Va detto che la materia c’è. Ed è tutta palpiti romantici e decadenti, a partire dalla passeggiata dell’Autore tra le rovine del Carinhall, a suo tempo splendida villa fatta costruire da Göring in memoria della dolce sposa, prematuramente scomparsa. Anche i pensieri camminano con te, dicevano gli antichi, insieme a suggestioni e ad evocazioni. E Buttafuoco intreccia storia e immaginario per esplorare e risalire le contrade del tempo.
1920, Svezia. In una tempestosa notte di neve, Hermann Göring, già eroico aviatore nella squadriglia del Barone Rosso e adesso, negli accidentati scenari del dopoguerra costretto a fare il pilota su aerei merci e da noleggio; Hermann Göring, dicevamo, è accolto nell’augusta dimora della famiglia von Fock. È un freddo terribile, ma gli amorosi fuochi divampano come in ogni vicenda d’amore che si rispetti. Ed è amore a prima vista, incontenibile e invincibile, quello che lega lo spavaldo eroe alla incantevole Carin. Lei è sposata ed ha un figlio, ma Hermann, da subito, è il suo conquistatore. E lei una preda ben felice di esserlo. E poi è difficile dire chi tra i due domina e chi è dominato. Il fatto è che non possono fare a meno l’uno dell’altra. Fuggono, sfidando, sul biplano di Hermann, il cielo carico di neve nonché il carico delle convenzioni e dei pettegolezzi. Non sarà una vita facile quella che li attende. La Germania sconfitta, l’eroe che alla sua donna può offrire solo un misto di miserie presenti e speranze future, lei che non dubita mai di aver scelto quello che doveva scegliere perché è accanto al suo Hermann che ha scoperto il senso della vita…
Già, ma qual è? Una reciproca consacrazione. L’adorazione e la venerazione. Intatte, anche quando sono costretti ad un lungo esilio dal suolo germanico. Hermann e Carin non disperano. Nell’attesa che all’intorno qualcosa cambi, che l'”immaginario” erotico ed eroico che è il sale della loro vita riesca ad aggredire la storia e a trasformarla. Ed è quello che accade. Venture e sventure si alternano nell’ascesa di Adolf Hitler, il Führer di cui Hermann è diventato ardente sostenitore. Il trionfo della svastika è nell’aria. Mentre la nostra coppia comincia ad esser circonconfusa da un alone leggendario: la dea e l’eroe “esemplari” nello scenario della resurrezione tedesca.
La dea, però, è gravemente malata e muore nell’ottobre del 1931. E l’eroe, sempre più grasso e flaccido, una sinistra caricatura dello spericolato aviatore d’un tempo, è anche morfinomane e soggetto a bruschi, violenti cambiamenti d’umore. E tuttavia il mito Carin resta intatto. Anzi, dopo la morte della bionda baronessa, acquista vitalità, nel crescendo di devozione nazionalpopolare all’icona ariana.
E i cinque funerali? Tutto fa parte del “destino” di Carin, nel tumulto delle vicende storiche e delle mille varianti umane e disumane: le cerimonie solenni all’insegna del “Blut un Boden” hitleriano e delle saghe nordiche, con Sigfridi e Walkirie, fate e guerrieri, dappertutto occhieggianti e, con la guerra, “la caduta degli dei”, le peripezie delle povere spoglie per sottrarle ai vincitori… Che non potranno esserlo a tutti gli effetti. Nessuno infatti potrà esercitare le sue vendette su quei miseri resti mortali e Carin avrà l’ultima dimora e l’estrema sepoltura in Svezia, nella cappella di famiglia. E Göring? Mai dimenticherà chi non poteva essere dimenticato. Nemmeno in mezzo alle rovine della Germania sconfitta. E nemmeno a Norimberga, il “maniaco sentimentale” gonfio di droga si uccide col cianuro poco prima che venga eseguita la sentenza di morte pronunciata contro di lui, “criminale di guerra”. (da Il Tempo)
*”I cinque funerali della Signora Göring”, Mondadori, pp. 180, euro 18