Chiesa. “Nel tempo della misericordia” e di Francesco, nuova scomunica per i lefevbriani

Arriva la scomunica per i lefevbriani. Di nuovo. «Ma non l’aveva tolta Benedetto XVI?», si chiedono gli osservatori. Nei fatti è così. Per questo la notificazione del vescovo di Albano Laziale Marcello Semeraro, che è anche il segretario del consiglio dei nove cardinali che assiste Papa Francesco nel governo della Chiesa universale, è destinata a porre non pochi interrogativi. Si legge infatti: «Qualunque fedele cattolico che richiede e riceve sacramenti nella Fraternità San Pio X si porrà di fatto nella condizione di non essere in comunione con la Chiesa cattolica. Una ammissione nella Chiesa cattolica dovrà essere preceduta da un adeguato percorso personale di riconciliazione, secondo la disciplina ecclesiastica stabilita dai vescovi».

Un pronunciamento che stride a doppio mandato non solo con quanto espresso dal vescovo di Roma nel 2009, ma anche con la recente ripresa del dialogo ufficiale tra i vertici della fraternità fondata da monsignor Marcel Lefevbre, il vescovo di Dakar che al Vaticano II guidò le proteste dell’episcopato fedele alla tradizione cattolica, e la Congregazione per la dottrina della fede del prefetto Gerhard Muller. Tutto ciò appare inoltre in contrasto con la linea “aperturista” inaugurata da Bergoglio e i toni del dibattito sinodale sulla famiglia da lui presieduto. Sottolinea Sandro Magister, vaticanista de L’Espresso: «C’è qualcosa che non torna in questo che è il proclamato “tempo della misericordia”, con l’accesso alla comunione eucaristica consentito o promesso quasi senza più limiti».

Semeraro è vescovo nello stesso territorio dove ha sede il distretto italiano della San Pio X. A quanto pare, un vicino ingombrante. «Potremmo chiedergli – si legge in una nota diffusa dalla Fraternità – perché lui, il Vescovo, possa organizzare una veglia ecumenica nella cattedrale (18 gennaio 2014) per pregare con persone che di certo non sono “in comunione con la Chiesa Cattolica”, come una pastora evangelica e un vescovo ortodosso (ortodossi cui nel 2009, a cui ha inoltre consegnato la chiesa di San Francesco a Genzano, costruita dai nostri padri per il culto cattolico); mentre i suoi fedeli non possono pregare con altri cattolici alla Messa della Fraternità».

Prima ancora del provvedimento di Papa Ratzinger che ristabilì la comunione con i sacerdoti tradizionalisti, posticipando però la questione pratica del loro inquadramento canonico in un secondo momento, già la commissione Ecclesia Dei si era espressa sul nodo della partecipazione dei fedeli ai riti celebrati dalla San Pio X. A due domande provenienti dagli Stati Uniti, in una lettera del 18 gennaio firmata dal lussemburghese Camille Perl, all’epoca membro della commissione, si diede spazio ad un sostanziale assenso.

La prima risposta: «In senso stretto potete assolvere al vostro obbligo domenicale assistendo a una messa celebrata da un prete della Fraternità San Pio». Nel 2102, però, il segretario Guido Pozzo si è espresso diversamente. La seconda: «Se, assistendo a questa messa, la vostra ragione principale fosse di manifestare il vostro desiderio di separarvi dalla comunione col Pontefice romano e con quelli che sono in comunione con lui, si tratterebbe di un peccato. Se la vostra intenzione consiste semplicemente nel partecipare a una messa detta col Messale del 1962, non si tratta di peccato».

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