Una fila così l’Iphone 6 se la sogna. C’è attesa, sin dal primo pomeriggio. Tutti in fila, in ordine. Con un libro alla mano, Monnezza Amore Mio. Siamo a Roma, al centro commerciale I Granai: la Libreria Nuova Europa ha deciso di far conoscere al suo pubblico Tomás Quintín Rodríguez Varona y Milian, meglio conosciuto come Tomas Milian, meglio conosciuto come Nico Giraldi, meglio conosciuto come Monnezza.
Con i suoi 81 anni, il suo stile inconfondibile, il suo cappello, i suoi occhiali scuri e il suo bastone con pomello d’argento, Tomas raggiunge i suoi fan: loro acclamano lui, lui li bacia e li abbraccia. Una storia d’amore col suo pubblico, che va dagli esordi con Bolognini, passando ai ruoli impegnati anche al fianco di Visconti, fino al passaggio verso il cinema popolare con gli spaghetti western e il successo del commissario Monnezza: “Vi amo, cazzo”, aveva detto quando, nel primo giorno del Festival Internazionale del Film di Roma gli era stato assegnato il Marc’Aurelio Acting Award, il premio alla carriera.
Sono gli ultimi anni ’60 che lo vedono tentare la strada del cinema popolare, con la serie spaghetti-western. Milian, dopo il successo di The Bounty Killer, è il protagonista de La resa dei conti, di Sergio Sollima. Con Sollima lavora ad una trilogia western che lo rende famoso come ‘Cuchillo’. È invece ‘Chao’ nello spaghetti-western I quattro dell’apocalisse di Lucio Fulci.
Sono gli anni ’70, però, quelli che lo consacrano definitivamente come grande star amata e apprezzata dal pubblico italiano. Grazie anche alla voce di Ferruccio Amendola, Milian interpreta ruoli diversi in vari polizieschi che, dapprima, non riscuotono un grande successo agli occhi della critica, ma che oggi sono dei veri e propri cult. E allora eccolo in ‘Roma a mano armata’ o ‘La banda del gobbo’. Ma anche ‘Milano odia: la polizia non può sparare’, ‘40 gradi all’ombra del lenzuolo’, ‘Squadra antifurto’, ‘La banda del trucido’, e molti altri.
Ma la casa e la mamma di Tomas Milian è Roma, dove vorrà essere sepolto, come ha confessato al programma Rai Da Da Da circa 4 anni fa, in occasione di un’intervista. “Roma è la mia grande resurrezione” – ha ribadito quando gli anno assegnato il Marc’Aurelio.
Tomas, al Festival Internazionale del Film, ha anche raccontato la sua vita un po’ difficile. Proveniente da una famiglia alto borghese, con tanti soldi ma poco affetto, si racconta come un “ribelle contro quella stessa società da cui provenivo”. La decisione di cambiare tutto, rivela, “arrivò dopo aver visto ‘La valle dell’Eden’ di Kazan. Mi identificai subito con James Dean. Anche io avevo gli stessi problemi con il padre che gli preferiva il fratello”. E addirittura, quando il padre si suicida – Tomas ha 12 anni – “mi sono vergognato di non sentire per questo fatto nessun dolore, ma al contrario una liberazione. Proprio come capita a un paese che si libera del proprio dittatore. Fui scioccato, ma non piansi. Andai così da mia zia un’intellettuale colta che mi disse: ‘Che vai fare a New York? Tu vivi come un uomo che passa da un club all’altro solo per bere e scegliere la ragazza con cui passare la notte’ ”.
E gli affetti, poi, li ha ritrovati a Roma, “città che mi ha restituito tutto quello che gli ho dato. Quando sto qui, sto davvero bene”. Per questo non si esclude un nuovo Monnezza, magari il padre del Monnezza, “che potrebbe interpretare invece il mio figlioccio Mathias. Un film comunque ovviamente da girare nella mia Roma”.