Cultura. Sergio Romano scrive di Evola sul Corriere della Sera

Julius Evola
Julius Evola

Nella rubrica quotidiana della posta sul Corriere della Sera, Sergio Romano ha risposto oggi a una lettrice che si dice colpita dal personaggio di Julius Evola, dopo la lettura de “Il Cammino del Cinabro”. 
Ecco lo scambio epistolare.

Incuriosita da alcune recensioni, ho comprato “Il cammino del cinabro” di Julius Evola.

Ho visto tante volte citato il suo nome, anche se spesso negativamente e con sdegno. Invece, leggendo il libro (facendo la tara sul fatto che è autobiografico) non mi è sembrato un personaggio così luciferino e disprezzabile. Anzi, ho scoperto che era amico dell’editore antifascista Vanni Scheiwiller, con il quale aveva intrattenuto una corrispondenza che forse sarebbe da pubblicare. Dai tanti documenti inseriti nel testo emergono posizioni e frequentazioni inaspettate.

Insomma, questa lettura ha abbattuto molti dei pregiudizi che avevo su questa figura. Ma chi era il vero Evola?

Arianna Pagani , paganiarianna3@gmail.com

Cara Signora,
Julius Evola ebbe due vite. Nel sua prima vita fu pittore, futurista, dadaista (dal nome di un movimento artistico e letterario nato a Zurigo nel 1916) e amico del suo fondatore, Tristan Tzara.
I quadri dipinti in quegli anni furono notati e ammirati in alcune delle grandi esposizioni europee del tempo. Ma nel 1921 attraversò una difficile crisi personale, fu attratto dagli studi filosofici e dedicò il resto della sua vita alla elaborazione di un idealismo magico in cui è visibile l’influenza di Nietzsche, del pensiero razziale di Gobineau, della filosofia indiana e di altri culti esoterici dell’Asia.
Aderì intellettualmente al fascismo e al nazismo perché sostenne di vedere in quei movimenti la nascita di un neo paganesimo e l’avvento di un’era eroica dominata da razze che avrebbero difeso i loro popoli dai flagelli della modernità. Uno dei suoi libri più importanti è, per l’appunto, Rivolta contro il mondo moderno. Era a Vienna nell’aprile del 1945 quando fu ferito durante un bombardamento alleato e perdette l’uso delle gambe.
Quando rientrò in patria, nel 1948, fu accusato di avere collaborato alla creazione di una organizzazione fascista rivoluzionaria e venne processato; ma fu assolto ed ebbe da allora nella società culturale italiana una posizione simile per certi aspetti a quella di Céline, lo scrittore anti-semita di cui venivano riconosciute, tuttavia, le grandi qualità letterarie.
Vanni Scheiwiller scoprì i suoi libri durante gli studi universitari, gli fece visita, instaurò con lui un rapporto cordiale e divenne più tardi editore di alcune delle sue opere. Era liberale e proprio per questo allergico alle ortodossie che scomunicano gli eretici, ai conformismi che non rendono onore all’intelligenza e alla fantasia anche quando si esprimono in termini «scorretti».
Fu amico di Evola per gli stessi motivi per cui mobilitò la cultura italiana in difesa di Ezra Pound, confinato in una clinica psichiatrica americana dopo la fine della Seconda guerra mondiale per le sue trasmissioni filo-fasciste dai microfoni dell’Eiar durante il conflitto.

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