PopCulture. Fenomenologia del tacco femminile (in una visione meridiana)

tacchi a spilloTra disprezzo e rispetto, il tacco è sempre stato il grande nemico/amico delle donne. Trovare un’opinione che unisca tutti a tal riguardo è impossibile, solo gli scatti fatti ai piedi delle modelle al termine delle sfilate di Louis Vuitton possono chiudere una volta per tutte il caso. 

Certo, quello è il caso limite, ma quante sono le donne che per accontentare, a volte, il proprio maschio indossano trampoli dalla dubbia stabilità costrette, ad affrontare da sole una lunga giornata su superfici impervie, per dire un eufemismo?

Il tacco è capace di far raggiungere altezze mai sfiorate prima – Berlusconi (ma non è l’unico) ne sa qualcosa – dando quel tono in più che in natura però non si ha. Questo è chiaro e a tal proposito chiarificatrice si rivela la lettura di Istria e Puglia fra Europa e Mediterraneo (Edizioni Studium, Roma 2011) di Luciano Monzali (componente del collegio docenti del dottorato in Filosofie e teorie sociali contemporanee, Università degli studi di Bari Aldo Moro) e Fulvio Šuran (responsabile del Dipartimento di studi in lingua italiana dell’Università di Pola), un vero breviario territoriale sul tacco dell’italico stivale.

Può un tacco avere a che fare con lo spirito di Puglia?

Il tacco non ospita carne e sangue, al contrario dello stivale. È legno, materia pura. Più specificamente, una materia “estetica”. Ebbene, questa metafora coglie la Puglia in flagranza di reato. Essa si dà come esternalità, escrescenza che diviene strumento per millantare una statura e uno slancio di cui non si è dotati per natura. Nel suo essere tacco (orpello esterno, materia estetica senz’anima e corpo), la Puglia palesa la sua vocazione più intima: l’attitudine al travestimento. La Puglia è una travestita.

Questo elemento offre alla regione la sua cifra specifica dentro l’inferno meridionale: un accenno di paradiso artificiale. L’attitudine deriva da una storia sui generis che ha visto da tempo immemorabile la Puglia relegata allo stato di periferia: lontana sia dalla centralità campana (con Napoli capitale), sia dall’autonomia insulare della Sicilia. il tacco si caratterizza invece come banlieue, appendice remota di un centro introvabile. Periferia nella periferia, se consideriamo la sua collocazione dentro un Mezzogiorno periferico per definizione. Questo elemento offre alla regione la sua cifra specifica dentro l’inferno meridionale: un accenno di paradiso artificiale.

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Ester Binetti

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