DI SENTENZA IN SENTENZA
Lo scorso 19 novembre, infatti, Massimo è stato condannato, dal gup Daniela Cardamone, a tre anni di reclusione 20 mila euro di multa per detenzione e cessione di esplosivo. Prima ancora, nell’ottobre 2011, la seconda sezione della Cassazione lo ha condannato definitivamente a 2 anni e 8 mesi per il riciclaggio del «tesoro» del padre. Ma c’è dell’altro. In una intercettazione ambientale del 2010 riportata da Panorama, egli stesso riferisce addirittura che in Procura a Palermo “faccio quello che minchia voglio, peggio per loro che mi lasciano là. L’altra volta mi sono andato a vedere un file dove c’erano le barche da sequestrare…”
LA TRATTATIVA
Insomma, non stiamo parlando mica di un boy-scout. Ma dietro la polemiche attuali c’è ovviamente il ruolo che Ciancimino jr si è ritagliato nel processo sulla presunta trattativa tra Stato e Cosa Nostra che si sta celebrando a Palermo. L’antimafia militante è schierata tutta con lui, nonostante la buona dose di ambiguità che segna la sua storia personale. Una nemesi che passa anche dall’imprimatur di Salvo Borsellino. È infatti lo stesso fratello del giudice ucciso a difendere quel gesto d’intesa avvenuto sabato scorso: «Sì, lo so – ha dichiarato – quell’abbraccio a molti non è piaciuto. Qualche giornalista ci ha scritto sopra. Ma io lo rifarei. Non sono pentito. Ho manifestato – aggiunge – solidarietà a Ciancimino per le scelte che ha fatto che paga e pagherà».
CIANCIMINO MINACCIA QUERELA CONTRO IL GIORNALISTA SAMONA’
Intanto lo strascico delle polemiche rischia di finire direttamente in Tribunale. Ciancimino non avrebbe gradito affatto le critiche espresse dal quotidiano on-line ResaPubblica. Il figlio dell’ex sindaco democristiano ha infatti minacciato querela contro Alberto Samonà, saggista, collaboratore di Libero e direttore della stessa testata.
Ecco il commento indignato sulla visita in via D’Amelio: «È una pisciata – dice il giornalista – fuori dal rinale. Un gesto oltraggioso verso tutti. Verso la vera antimafia e non quella di chi ha costruito carriere su di essa, per poi magari finire la propria, accettando un posto di sottogoverno offerto dal magnanimo Crocetta».
Sgomento e riprovazione nella controrisposta di Samonà. «Non ci possiamo allineare a quanti ritengono che grazie alle dichiarazioni rese in un processo “da libero cittadino” (come lui scrive), solo questo valga a dare patenti legalitarie e di irreprensibile senso civico a chiunque. Continuiamo e continueremo a pensarla così».