Libri. “La messa incompiuta” di Oscar Romero: la storia di un vescovo coraggioso

Monsignor Romero

Un colpo di fucile gli spezzò la giugulare. Così muore, il 24 marzo 1980 a San Salvador, monsignor Oscar Romero. Ucciso da un sicario nazionalista mentre mostrava al popolo l’ostia appena consacrata. Un sacrificio nel sacrificio che tuttavia lascia impresso nella storia ecclesiastica e civile dell’America latina lo sgomento amaro di una “messa incompiuta”. Ed è appunto questo il titolo del tascabile edito dalla Edb che raccoglie «le ultime omelie di un vescovo assassinato». Pagine, insomma, pregne di sangue. La prefazione è di Jon Sobrino, uno dei principali maestri della Teologia della liberazione. Un’ermeneutica che ha spaccato in due la coscienza cattolica. Divisa – non senza ambiguità – sul come tradurre in termini pratici “quell’opzione per i poveri” che ha informato parte del pensare post-conciliare.

Quella crisi, oggi, sembra in via di normalizzazione. Papa Francesco vuole che, quanto prima, la canonizzazione di Romero sia un fatto compiuto. Ma la ferita della guerra civile salvadoregna c’è ancora. Ottantamila uomini hanno perso la vita. Il vescovo morì tra i richiami di Paolo VI e le attese di Giovanni Paolo II. Qualcuno, allora, pensava che la Chiesa avrebbe dovuto sostenere lo status quo. Per Romero tutto ciò avrebbe significato tacere davanti alle violenze del governo. Preferì, invece, l’arma della denuncia, sfidando le grandi oligarchie economiche, contraddicendo i programmi Usa sull’area mesoamericana. Un rischio portato fino alle estreme conseguenze morali e fisiche.

Lui stesso infatti ammoniva: «Chiunque denunci deve accettare egli stesso di essere denunciato. Se la Chiesa denuncia le ingiustizie, lei stessa deve accogliere qualunque denuncia le venga rivolta ed è quindi obbligata a convertirsi. I poveri – spiegava ancora – quindi siano per noi un monito, non solo contro l’ingiustizia sociale ma anche contro la scarsa generosità della nostra Chiesa».

Chi pensa ancora, incastrato in una disputa poca fruttuosa, che quell’atteggiamento sia distante dalla sacralità dell’altare, rischia di obliare la portata storica di quella lezione. Bergoglio, nello scomunicare i mafiosi in Calabria, in fondo, c’è tornato con forza: i mali sociali fanno capo ai peccati personali. La comprensione di ciò sfugge, è vero, dalle analisi sociologiche. Ma trova la sua logica nella comprensione delle promesse evangeliche.

Nel linguaggio di Romero, ogni calcolo edulcorato, ogni ipocrisia, finisce necessariamente in frantumi: «Com’è facile denunciare – ammoniva – l’ingiustizia strutturale, la violenza istituzionalizzata, il peccato sociale! Però dove sono le fonti di questo peccato sociale? Nel nostro cuore. Tutti siamo peccatori e tutti abbiamo messo il nostro granello di sabbia in questa mole di crimini e di violenza nella nostra patria».

*Oscar Arnulfo Romero, La messa incompiuta. Le ultime omelie di un vescovo assassinato (Edb, Bologna, 2014, euro 7)

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Fernando M. Adonia

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