La provocazione. Abolire l’esame di maturità? Viva Papini. Aboliamo la scuola

esami-di-stato-2012Quando ci si abbandona all’apologia della scuola quale luogo più alto per la cultura e la formazione, mi verrebbe voglia di tatuare su tutto il corpo di chi pronunzia questa frase l’invettiva di Papini del 1914. Nel nostro Paese ogni istituzione si crede destinata a rifare il mondo che invece anche grazie al suo contributo si è formato e deformato. E questi periodici peana in favore di qualcosa acquistano un carattere mitico tanto da imporsi in ogni incavo dialettico del nostro quotidiano. E’ lo stesso refrain che risentiamo sulla Rai, prima azienda culturale del Paese, da difendere a tutti i costi, bla, bla, bla.Ma potremmo riproporla per la Costituzione più bella del mondo, la satira non si tocca, Napolitano è un punto di riferimento morale, e così via.

Ma che noia!

Non si capisce come venga sempre attribuita una condizione metafisica ad ognuna di esse e poi, puntualmente, si intuisce che proprio da esse si sviluppano le tante criticità del nostro tempo.

I filosofi ateniesi passeggiavano ai piedi del colle su cui si erge il Partenone. Misero le basi della cultura planetaria, senza aver bisogno di cattedre, debiti formativi, presidi-manager. Croce, Prezzolini e varie altre dozzine di ‘pesi massimi’ della cultura, non si laurearono. Gran parte di essi non sono presenti nei libri scolastici mentre, da quest’anno, nelle scuole napoletane si studia la prosa dei 99 Posse.

Eppure ci preoccupiamo delle mediocri riforme della scuola che ogni nuovo mediocre Ministro porta in dono nel nuovo mediocre Consiglio dei ministri. L’ultima degno di questo nome fu quella di Gentile. Poi sono solo servite per innescare occupazioni studentesche che casualmente iniziano prima di Natale e finiscono a metà gennaio. Il tempo di fare cioè le vacanze lunghe e poi chissenefrega se tutto peggiora.

Pensiamo solo un attimo a cosa è diventata l’università, ricettacolo di tutte le contraddizioni. Attraversata da meccanismi perversi, nemmeno tanto nascosti. Non c’è studio sul mondo accademico che non si segnali per i toni inquietanti e per la sofferenza di molti docenti e alunni. Baronìe, poteri forti, corporazioni, insomma uno scenario ‘mafioso’ che un eccellente professore, Ugo Frasca, ebbe il coraggio di mettere nero su bianco, grazie a fatti circostanziati nel suo Diritto e potere. Università, questione morale e politica. Lo avevo letto quando fu pubblicato nel 2012. Ho provato a risfogliarlo nelle scorse settimane quando le polemiche sui quiz d’ingresso alla facoltà di Medicina hanno rinfocolato le proteste. Una discesa nell’inferno dantesco tra vicende personali, ampiamente documentate, e analisi di carattere generale che toccano un senso di una morale in disfacimento. In realtà, nulla di nuovo. Qualche tempo fa, l’Università di Chicago esaminò la frequenza dei cognomi nella nostre università. I risultati furono pubblicati sulla rivista internazionale Plos One. Risultarono intere famiglie e parenti collaterali presidiare pezzi di Facoltà e di Università. Nepotismo e cattedre tramandate ‘come un titolo nobiliare’.

Ma è un teatrino a cui si partecipa sapendo di recitare una parte. Ai concorsi non è raro conoscere in anticipo il vincitore, dopo magari ‘aver invitato’ gli altri concorrenti a farsi da parte con promesse di vario tipo. Franco Modigliani, premio nobel per l’economia nel 1985, così descriveva questo automatismo: “Nel 1955 tornai in Italia come lettore. La mia impressione negativa fu fortissima. Avevo scordato quanto profonde fossero le differenze fra il sistema di educazione universitario negli Stati Uniti e in Italia. Il sistema italiano era una struttura a tre caste, in cui i pochi, e per la maggior parte anziani professori, occupavano la casta superiore, immediatamente inferiore a Dio, mentre un gruppo consistente di speranzosi e servili assistenti rappresentava la seconda casta, lo strato intermedio, e gli studenti, dei quali nessuno si occupava, costituiscono la base della piramide”.

La cooptazione che nei paesi anglosassoni premia il merito, in Italia serve per perpetuare il potere per una classe dirigente che recluta nuove leve di docenti come fossero militari di truppa.

Ecco perché c’è una impronta meccanicistica nelle polemiche sulla scuola italiana, oltre ad un ambiente surreale che lo alimenta. In questi giorni c’è chi ha chiesto di abolire l’esame di maturità. Io farei un passo in avanti. Abolirei le scuole.

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Luigi Iannone

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