«Sui giornali noi leggiamo tante volte: ah, è stato portato in tribunale quel politico che si è arricchito magicamente. E’ stato in tribunale, è stato portato in tribunale quel capo di azienda che magicamente si è arricchito, cioè sfruttando i suoi operai. Si parla troppo di un prelato che si è arricchito troppo e ha lasciato il suo dovere pastorale per curare il suo potere. Così i corrotti politici, i corrotti degli affari e i corrotti ecclesiastici». Così il Papa commentando la vicenda biblica di Nabot.
Una piaga che tuttavia si spiega, nelle parole di Francesco, attraverso una lettura spirituale delle vicende umane: «Dobbiamo dire la verità: la corruzione è proprio il peccato a portata di mano, che ha quella persona che ha autorità sugli altri, sia economica, sia politica, sia ecclesiastica. Tutti siamo tentati di corruzione. E’ un peccato a portata di mano. Perché quando uno ha autorità si sente potente, si sente quasi Dio».
Per il Papa argentino c’è un nesso inscindibile tra corruzione e disservizi. Le malefatte di politici e affaristi le «pagano gli ospedali senza medicine, gli ammalati che non hanno cura, i bambini senza educazione. Loro sono i moderni Nabot, che pagano la corruzione dei grandi. E chi paga la corruzione di un prelato? La pagano i bambini, che non sanno farsi il segno della croce, che non sanno la catechesi, che non sono curati. La pagano gli ammalati che non sono visitati, la pagano i carcerati che non hanno attenzioni spirituali. I poveri pagano. La corruzione viene pagata dai poveri: poveri materiali, poveri spirituali».
«L’unica strada – esorta Francesco – per uscire dalla corruzione, l’unica strada per vincere la tentazione, il peccato della corruzione, è il servizio. Perché – aggiunge – la corruzione viene dall’orgoglio, dalla superbia, e il servizio ti umilia: è la carità umile per aiutare gli altri».