Roma. Tutto il “Comune” in piazza contro il sindaco Marino: la rabbia dei 24mila dipendenti

romaGiornata storica, quella di venerdì scorso, per il Comune di Roma. Uno sciopero generale, che ha coinvolto tutti i servizi capitolini – quelli amministrativi, passando per quelli del settore scolastico-educativo, e finendo con quelli di competenza della Polizia di Roma Capitale – ha bloccato l’intera città. Un record per Roma, sì, ma anche e soprattutto per il sindaco Marino e per tutta la sua giunta.

Proprio il sindaco, insieme al suo vicario Nieri, il giorno prima condannava l’atteggiamento dei sindacati CGIL, CISL e UIL, non ravvedendo alcun motivo reale sottostante allo sciopero, indetto proprio dalla Triplice. Insomma, per il primo cittadino a Roma è tutto a posto. Che la verità stia nel mezzo, spesso, è vero. Ma se 24mila dipendenti capitolini sono scesi in piazza, qualche motivo dovrà pur esserci. In realtà, ve ne è più d’uno, ed eccoli presto svelati.

La questione principale per cui tutti i dipendenti lottano uniti, è la difesa del salario accessorio – parzialmente risolta, o meglio procrastinata, con la Circolare interministeriale (firmata dai ministri Madia, Lanzetta e Padoan) che garantisce il pagamento del salario accessorio fino a luglio. ‘Salvo conguagli’, però. Quindi, con ogni probabilità, 80 euro in più o in meno non cambieranno molto a fine mese, visto che il Comune di Roma potrebbe riprendersene molti di più senza troppi complimenti. Quindi, come dicevamo, il problema è solo rimandato a data da destinarsi. Nel frattempo si attende qualche miracolo da parte del premier Renzi, per mettere al sicuro da una parte i conti di Roma, dall’altra gli stipendi dei lavoratori, evitando la debacle alle prossime amministrative per poter mantenere alta la quota dei voti ricevuti in occasione delle elezioni Europee.

Al di là del merito del singolo dipendente, comunque, la questione del salario accessorio tocca anche altri aspetti. Il MEF, interpellato dal sindaco, ha definito illegittima la modalità di erogazione dello stesso – in una relazione, è bene specificarlo, che in modo molto più approfondito parla dei dirigenti del Comune, ma tutti si sono ben guardati dal metter mano ai diktat del Ministero in merito a questo punto. Però, va detto che i contratti sono bloccati da circa 6 anni, il blocco totale della contrattazione nazionale nel settore pubblico è stata confermata da Renzi almeno fino al 2017. A fronte di questo, il salario accessorio non può essere considerato come un’indennità di produttività, ma come il discrimine tra la lotta alla sopravvivenza e la soglia di povertà.

Ci sono poi le maestre e le educatrici dei servizi all’infanzia, le quali chiedono anche l’aggiornamento delle graduatorie, ferme a 6 anni fa pure queste. Senza considerare la loro battaglia personale contro la decisione di chiudere i nidi comunali a luglio, con conseguenze non prevedibili sulla didattica. Certo, a riguardare il programma elettorale di un anno fa, sembrava che nessuna di queste categorie deboli ci avrebbe mai rimesso la pelle. Ma tant’è.

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Martina Bernardini

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