Libri. “Anima e corpo” di Marcello Veneziani tra bellezza spiritualità e materialità

dio-5Una agile ma non agevole scrittura quella con cui si esprime nel suo ultimo lavoro editoriale Marcello Veneziani, storica firma della terza pagina de Il Giornale, che delizia il suo affezionato pubblico di lettori con “Anima e corpo. Viaggio nel cuore della vita”. Un argomento, quello del rapporto anima/corpo, molto dibattuto dalla fenomenologia contemporanea, ma che da sempre, ha interessato la speculazione filosofica, e che trova in Platone, «filosofo celeste»(con queste parole si esprime Veneziani), una compiuta esposizione nel mito del carro e dell’auriga contenuto nel Fedro.

C’è una bellezza del corpo e c’è una bellezza dell’anima, secondo Veneziani. La bellezza del corpo è ordinaria e transitoria: oggi c’è, domani forse no, è una bellezza che si mostra agli altri, mentre all’interno non siamo che anima pulsante. E diciamocela tutta, stando al vecchio adagio: “Non è bello ciò che e bello ma è bello ciò che piace”, dunque la bellezza del corpo è più negli occhi di chi guarda che nell’oggetto in sé: la stessa persona può apparire bella a qualcuno e brutta a qualcun altro. Ma la bellezza dell’anima è qualcosa di interiore, non è negli occhi dell’osservatore, perché non può esser vista, può solo essere intimamente sentita. Non è una bellezza che può essere distrutta, nemmeno la morte può toccarla, è eterna.

Da quest’anima, che su se stessa ha pensato ogni cosa, come asseriva Voltaire, Venezianicerca di far ripartire la speculazione (e non solo)dopo la caduta di ogni valore storico e metastorico. E non poteva essere altrimenti, dato che l’uomo alla fin fine non è che anima e corpo, sinolo questo inscindibile se non da “sora nostra morte corporale” (e pare solo temporaneamente stando all’«improbabile dogma della resurrezione dei corpi», come dice Veneziani stesso).

L’anima, si dice nella quarta di copertina «funziona bene come titolo di cd, canzoni, terapie, percorsi di benessere. Il corpo è invece un’ossessione in salute, performance e giovinezza, c’è un morboso attaccamento e insieme la voglia radicale di abolirlo, di modificarlo».

Un libro, questo, come si suol dire in questi casi, per tutti e per nessuno, ma specialmente diretto a coloro che amano farsi trasportare dal volo dell’anima, ponte fra la nostra interiorità e il mondo. Particolarità del libro è l’assenza di citazioni. L’autore spiega che non si tratta solo di una scelta di carattere editoriale, quanto piuttosto legata al suo proposito di dare un senso di impersonalità all’opera. Scelta questa che non può non richiamare alla mente del lettore più addentro al mondo della Tradizione (a cui Veneziani si ricollega) lo stile di impersonalità di cui tanto ha parlato Evola nei suoi scritti.

L’autore dedica un capitolo all’amor profano. In ogni vero amore – sostiene – combaciano anima e corpo; anche al di là dell’unione carnale. Nel vero amore c’è cura, c’è premura. Amare, in ultimo è resistere alla morte, etimologicamente a-mors (senza morte).

Essenzialmente critico è il giudizio che Veneziani da di Papa Francesco, che con la sua simplicitas così puerile (puerile come il corpo) pare prefigurare l’eclissi del sacro, in una Europa ormai scristianizzata che ha reso l’uomo un automa, un prodotto artificiale, allontanandolo, col pretesto di avvicinarlo, dalla realtà. Unica via d’uscita è «incarnare l’anima» porla al centro dell’esistenza per non cadere nel baratro del tempo divoratore e della morte sua sodale e consorte.

Nessun cenno alla politica, al contrario di quanto ci aveva abituati con i suoi precedenti lavori. Quasi che anima e politica fossero in antitesi. E forse lo sono, e dalla politica si dovrebbe correre a gambe levate pur di non vendersi l’anima…

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Giovanni Balducci

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