Speciale Mondiali. Inghilterra i fantasmi british e i quattro cavalieri del West Ham

statua west hamC’è una statua, a pochi passi da Upton Park, tempio del West Ham, che raffigura quattro eroi britannici. Non sono i Beatles ma i cavalieri di un’Apocalisse targata Hammers che portarono l’Inghilterra al trionfo del 1966. Chi si beve una birra al Boylen, tana dei tifosi Claret and Blue, all’uscita – con la Guinness rigorosamente in plastica e sotto l’occhio vigile degli steward – si trova dinanzi il monumento che celebra quei quattro campioni: Geoff Hurst, Martin Peters, Bobby Moore e Ray Wilson.

L’Inghilterra che arriva al Mondiale deve ancora convivere con quei fantasmi. Nel Paese che si bea di aver inventato il football, l’unica coppa del Mondo vinta resta quella del ’66, strappata alla Germania Ovest ai supplementari con una rete proprio di Hurst, uno dei quattro fenomeni che vestì la maglia del West Ham. Peccato che la palla non attraversò la linea di porta e un guardalinee generoso fece il resto. Tutti lo sanno, oltremanica, e quella vergogna brucia ancora sulla pelle orgogliosa dei sudditi di sua Maestà.

Oggi gli inglesi vogliono il riscatto ma nessuno azzarda previsioni. E sarà meglio non pensare ai ricordi. La squadra dei tre leoni che arriva in Brasile, e che sfiderà l’Italia nell’esordio degli azzurri al mondiale carioca – sabato 14 giugno, a Manaus – è l’emblema della storia british ai Mondiali: un gran bel mix di giovani, tra cui spiccano i due campioncini scuola Liverpool Sterling e Sturridge (21 centri nell’ultima Premier), e vecchi leoni come il capitano dei Reds, l’eterno Steven Gerrard, Frankie Lampard e Wayne Roney. Una squadra forte che però, come spesso capita agli inglesi, corre il rischio di disattendere puntualmente le aspettative.

In panchina c’è una vecchia conoscenza del calcio italiano: Roy Hodgson. E qui i fantasmi aumentano. Già, perché l’ex allenatore dell’Inter ha un altro spettro che aleggia sulla sua vita da mediano della panchina: i calci di rigore. Quando allenava i nerazzurri ci perse persino una finale. Era il maggio ’97, in attacco c’erano Ganz e Zamorano e fu proprio il cileno, in compagnia dell’olandese Winter, a fallire i due penalty che consegnarono la coppa Uefa allo Schalke 04. Per non parlare dell’ultimo precedente che conta con l’Italia. Due anni fa, negli Europei di Ucraina e Polonia, nei quarti di finale gli azzurri si imposero ai rigori contro l’Inghilterra già allenata da Hodgson.

Pirlo raccolse la vittoria con un cucchiaio da prelibatezze, l’errore decisivo fu di Ashley Cole che il buon Roy, questa volta, non ha neppure convocato per i Mondiali. L’Inghilterra, eterna incompiuta, ci riprova. L’avranno pure inventato loro, il football. Ma l’unica coppa vinta la devono ancora a un guardalinee e soprattutto a quei quattro Hammers, scolpiti nel cuore della working class di una Londra abituata a convivere con birra e fantasmi.

Mario De Fazio

Mario De Fazio su Barbadillo.it

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