L’Inghilterra che arriva al Mondiale deve ancora convivere con quei fantasmi. Nel Paese che si bea di aver inventato il football, l’unica coppa del Mondo vinta resta quella del ’66, strappata alla Germania Ovest ai supplementari con una rete proprio di Hurst, uno dei quattro fenomeni che vestì la maglia del West Ham. Peccato che la palla non attraversò la linea di porta e un guardalinee generoso fece il resto. Tutti lo sanno, oltremanica, e quella vergogna brucia ancora sulla pelle orgogliosa dei sudditi di sua Maestà.
Oggi gli inglesi vogliono il riscatto ma nessuno azzarda previsioni. E sarà meglio non pensare ai ricordi. La squadra dei tre leoni che arriva in Brasile, e che sfiderà l’Italia nell’esordio degli azzurri al mondiale carioca – sabato 14 giugno, a Manaus – è l’emblema della storia british ai Mondiali: un gran bel mix di giovani, tra cui spiccano i due campioncini scuola Liverpool Sterling e Sturridge (21 centri nell’ultima Premier), e vecchi leoni come il capitano dei Reds, l’eterno Steven Gerrard, Frankie Lampard e Wayne Roney. Una squadra forte che però, come spesso capita agli inglesi, corre il rischio di disattendere puntualmente le aspettative.
Pirlo raccolse la vittoria con un cucchiaio da prelibatezze, l’errore decisivo fu di Ashley Cole che il buon Roy, questa volta, non ha neppure convocato per i Mondiali. L’Inghilterra, eterna incompiuta, ci riprova. L’avranno pure inventato loro, il football. Ma l’unica coppa vinta la devono ancora a un guardalinee e soprattutto a quei quattro Hammers, scolpiti nel cuore della working class di una Londra abituata a convivere con birra e fantasmi.