Calcio. Rivelazione choc del biondo ex Pisa Wim Kieft: “Drogato per 18 anni”

kieftIl lato oscuro del calcio ha ghermito anche il biondissimo Wim Kieft, olandesone (poco) volante, professione centravanti nei favolosi anni ’80, colpaccio di Romeo Anconetani, presidentissimo del Pisa, sbocciato nel Torino e tranciato da un’entrata killer in un incontro tra i granata e gli sconosciuti ungheresi del Raba Eto in Coppa Uefa, anno di grazia 1986.

IL DEMONIO BIANCO. Kieft lo ha annunciato a tutti, senza nascondersi, senza paura. Affrontando paure, esorcizzando l’incubo: “Mi sono drogato per diciotto anni, dopo aver smesso di giocare a pallone. Ne sono uscito da 14 mesi, grazie a Fred Rutten, allenatore del Psv, che mi ha portato in clinica a disintossicarmi”. Kieft, faccia d’angelo su fisico da corazziere fragile, pippava di brutto. Schiavo della cocaina, come la stragrande maggioranza degli eroi maledetti del magico pallone dei gloriosi ’80. Kieft come Caniggia, Maradona e tanti altri. S’è disintossicato, ed è un uomo nuovo. Come ha raccontato al ‘De Telegraph‘ cui ha rivelato il suo demone.

 

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L’ANGELO BIONDO. La carriera di Wim Kieft, nato Willem da famiglia proletaria dei sobborghi di Amsterdam, comincia da ragazzo, all’Accademia Ajax. E’ difensore perchè è grosso e legnoso. Leo Beenhakker lo sposta a centravanti, e giù caterve di gol. E’ pronto per il grande salto, dall’Olanda all’Italia dove si gioca il campionato più bello del mondo. Anche perchè il suo talento non può competere con quello di Marco Van Basten, appena arrivato alla corte dei Lancieri. Arriva all’ombra della Torre pendente, un blitz di Romeo Anconetani, presidentissimo del Pisa rampante. Segna pochissimo, soffre il gioco difensivista della provinciale italiana. E’ retrocessione, ma in B rinasce. Arriva la chiamata del Torino, Anconetani monetizza la plusvalenza e Kieft comincia a segnare. Fino a quel maledetto incontro con i maledetti ungheresi. Tornò, segnò e poi salutò. Se ne tornò in Olanda, al Psv. Poi appese gli scarpini al chiodo. E cominciò l’incubo durato 18 anni. E, adesso, finito.

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