Libri. “Caduta libera” di Nicolai Lilin, guerra patria e gioventù nella Russia post sovietica

caduta libera lilinUn dettagliato resoconto di guerra dove tutti i personaggi sono precisamente al loro posto e fanno proprio quello che ti aspetti. C’è la sporca (mezza) dozzina, il capitano coraggioso Nosov, guida burbera e sicura del gruppo, i colonnelli infingardi, i nemici riccamente equipaggiati dagli Usa, i mercenari, le bombe e le armi. Ma ci sono pure i crimini di guerra, il ribaltamento della ‘vulgate’ sulla guerra in Cecenia, la droga, il gioco sanguinoso dei palazzi del potere. Tutti visti attraverso gli occhi di un ragazzo che diventerà uomo forse troppo in fretta per i canoni della postmodernità.

Sarebbe un errore grave considerare ‘Caduta Libera’ di Nicolai Lilin – uno che la guerra l’ha fatta sul serio – l’ennesimo romanzetto sul dramma umano della guerra interpretato e raccontato sfruttando i triti stereotipi del racconti bellico che ci hanno consegnato la cinematografia ‘rambesca’ e la letteratura di genere. Qui è la verità storica a farsi letteratura, non viceversa.

Nel tritacarne della guerra in Cecenia finiscono i giovani della Russia post-sovietica. Due anni di servizio militare che, dopo qualche mese di addestramento presso i reparti di prima destinanazione, viene consumato per intero sul fronte. Non c’è retorica di ‘patria’: il protagonista stesso, inviato a farsi le ossa presso i sabotatori, reparto d’élite dell’armata russa, tenta di fuggire dalla caserma. Fallisce e non proverà più a scappare: tre giorni a pulire le celle dei detenuti nelle carceri militari lo hanno convinto più di mille filmati di propaganda. Giunto in prima linea, Lilin sarà il cecchino di un gruppo d’assalto impegnato su due fronti: contro gli ‘arabi’ – una sola definizione per africani, ceceni, estoni: puttana la guerra! – e su quello subdolo degli ufficiali russi corrotti, ignoranti e superficiali. In due anni, Lilin ne ha viste e ne ha fatte tante, fin troppe. Al punto che, una volta congedatosi, si riterrà un traditore del gruppo, e sarà pericolosamente vicino alla pazzia scontrandosi con lo squallore del turbocapitalismo russo. Troppa distanza tra il nobile e sanguinario, come nella migliore iconografia epica russa, capitano Nosov e i ragazzini viziati che tirano tardi in discoteca. Per sentirsi ‘normale’, Lilin, punterà il suo fucile da cecchino contro le persone che passeggiano attorno casa sua. Senza sparare mai. La rinascita ricomincia da qui. Non può essere già finita per lui, una speranza deve esserci. E per chi ha avuto un’educazione siberiana, quella speranza, è proprio lì nelle gelide e salde radici rappresentate da nonno Nicolai.

“Caduta libera” di Nicolai Lilin, Einaudi, pp. 333, euro 21

Giovanni Vasso

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