Libri. “Europa o no”: la versione di Zingales (cda Eni) su crisi dell’Unione ed Euro

zingalesEuro o no. Un dibattito accesissimo in queste ore, forse più per l’avvicinarsi della scadenza elettorale che per una vera consapevolezza dei pro e dei contro che l’uscita dalla moneta unica potrebbero comportare. Non solo una voce in più, è quella di Luigi Zingales, noto economista docente di Finanza all’Università di Chicago considerato fra i cento pensatori più influenti del mondo unico italiano insieme a Mario Draghi. Matteo Renzi lo ha appena nominato nel consiglio di amministrazione dell’Eni.

Con il suo ultimo libro, “Europa o no” uscito in aprile per la Rizzoli, Zingales sembra voler tracciare le strade possibili, arrivando a spiegare non solo le conseguenze che ciascuna delle scelte – l’uscita o la permanenza nella moneta unica – potrebbero avere. Ma anche quali siano i reali problemi dell’economia italiana, considerati anche più gravi dello stesso euro: in primis la bassissima produttività del sistema. 

Già dalle prime pagine di “Europa o no”, Zingales chiarisce la sua posizione: no all’uscita dall’euro, per le conseguenze drammatiche fino al default che questa scelta potrebbe a suo avviso avere. Sì a un euro ridisegnato e reso sostenibile, con interventi rapidi. Il giudizio è secco e senza appello: “La vera colpa dell’euro non sta nell’aver reso meno competitive le nostre merci, ma nell’aver permesso alle nostre istituzioni poco competitive di sopravvivere immutate”.

L’EURO, UN FRUTTO IDEOLOGICO 

“L’Europa nasce come un meraviglio esperimento, ma oggi si è trasformata in un incubo”. Sin dalla premessa, “Europa o no” oscilla fra spiegazione tecnica della situazione attuale e narrazione quasi storiografica degli eventi che la hanno prodotta: dal sogno di Shuman al “patto scellerato” fra Germania e Francia. I movimenti euroscettici crescono nei sondaggi: Syriza in Grecia, M5S in Italia, Fronte Nationale in Francia, Indipendence Party in Gran Bretagna, Alternative in Germania puntano il dito contro l’euro. “E’ evidente – commenta Zingales – che l’Europa così com’è non è sostenibile e danneggia soprattutto i Paesi a Sud del Continente”, fra questi l’Italia. Secondo l’idea dei padri fondatori, l’unione monetaria doveva essere l’unica vera condizione necessaria a che si determinasse l’unione politica, quella a cui l’Europa aspira fin dalle origini come strumento di pace perenne. L’euro è dunque il frutto non di una valutazione economica, ma ideologica. Oggi ci accorgiamo che i nobili ideali sottostanti al movimento d’integrazione (debellare la guerra, proteggere i diritti civili, consentire la libera circolazione di merci, persone, capitali) nascono in realtà da interessi nazionalistici e corporativi. “L’antieuropeismo nasce dunque da una retorica europeista eccessiva e certo controproducente – dice Zingales – o questa Europa o la catastrofe. Non è così”. Esistono molte Europa possibili, si tratta di scegliere quella che vogliamo.

LA METAFORA DI ULISSE

Entrando nella moneta unica, l’Italia ha deciso di legarsi le mani, impedendo a se stessa di scegliere del proprio futuro economico. La metafora che l’economista efficacemente usa è quella di Ulisse che si fa legare all’albero maestro della nave per ascoltare la voce delle sirene senza subirne le conseguenze. Per l’Italia l’albero maestro è la Germania: si è scelto di accettare che la nostra nuova moneta fosse in realtà una trasformazione del marco. Un errore? Zingales afferma che “l’euro fu un neonato prematuro e malaticcio” e che “l’errore di Prodi fu farlo senza rinegoziare il debito pubblico e il debito pensionistico del nostro Paese”. Oggi l’euro e l’area valutaria ottimale vanno rivisitati. Queste le ipotesi sul tavolo degli studiosi: far accettare alla Germania un livello d’inflazione più alto, fino al 4 per cento, per permettere agli altri Paesi di recuperare terreno; disegnare un euro del Nord Europa (Neuro) garantendo così un recupero competitivo al vecchio euro che rimarrebbe la moneta del Sud; dividere il debito pubblico dei Paesi europei in titoli blu, garantiti dalla Bce, e titoli rossi garantiti dallo Stato (così l’Italia recupererebbe 15 punti percentuali nel rapporto debito/Pil). Adottare correttivi che rivedano anche l’area valutaria ottimale prevedendo meccanismi di aggiustamento automatico rispetto agli shock regionali (come l’introduzione di un fondo europeo che garantisca sussidi alla disoccupazione) sarebbe un altro elemento d’intervento sull’economia reale, se messo in campo entro tempi brevi.

USCIRE DALL’EURO?

L’alternativa è uscire dall’euro. Ma ci conviene? Zingales elenca: uscendo dall’euro si rischia di non poterci rientrare; il semplice annuncio di una prossima uscita (vedi la proposta di M5S di un referendum contro l’euro) potrebbe provocare una corsa agli sportelli bancari portandoci sull’orlo del default; il debito pubblico dovrebbe essere rifinanziato in lire e il mercato potrebbe chiederci per questo un grosso premio mandando in avvitamento il rapporto deficit-tassi. Usciti dall’euro, secondo l’economista, si avrebbe un temporaneo boom, con un conseguente breve periodo di ripresa. Ma la crisi strutturale non verrebbe migliorata dall’uscita. “Europa o no – dice Luigi Zingales – c’è ancora molto da fare in Italia. Se la nostra produttività non torna a crescere non potremo competere in Europa e nel mondo, con o senza euro”.

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Emma Toscano

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