La provocazione. Fabri Fibra mette in rima il distacco della politica dalla realtà giovanile

Fabri Fibra "guerra-e-pace"«Nell’ultima intervista a Vanity Fair ho detto che non voto e non ho neanche il certificato elettorale. Non ha fiatato nessuno, tanto meno i politici, che dovrebbero essere molto interessati a dichiarazioni del genere. Ma in Italia, si sa, loro vivono lontano dalla realtà». Firmato Fabri Fibra. Il popolare rapper di Senigallia sta promuovendo il suo ultimo album “Guerra e pace” e intervistato da un giornalista (Paolo Giordano del Giornale) si è lasciato andare a una considerazione tranchant e allo stesso tempo realista sulla credibilità dei politici.

In tempi in cui la figura dell’intellettuale impegnato o organico funziona solo (e nemmeno tanto) a sinistra, Fabri Fibra è uno dei potenziali maître à penser delle giovani generazioni. E i suoi dischi sono pieni di provocazioni e di sollecitazioni volte a interpretare l’insoddisfazione dei ragazzi nei confronti dell’Italia che li circonda e della politica.

Non c’è da stupirsi che in un’Italia anestetizzata da ripetitive e noiose discussioni su fascismo/antifascismo o comunismo/anticomunismo, il malessere sociale o le rivendicazioni contro la burocrazia che ammorba ogni nostro passo si ritrovino nel testo di “Pronti, Partenza Via” di Fabri Fibra, in una canzone che ha un testo straordinariamente efficace nel fotografare lo stato d’animo dei venti-trentenni.

Ecco un primo passo: “Coda timbro firma passa burocrazia l’Italia si squaglia come burro e pazzia una bella idea arriva sempre a notte fonda come la polizia chi me lo spiega votavi Lega, si prega ora chi voti boh Regan ora Belen, prima chi? Megan roba magica simsalabim ma al microfono si offrono molti io sono una sicurezza come il codice pin”. Ancora più indicativo questo secondo pezzo della canzone, nel quale Fabri Fibra indica come proprio i cantanti conservino il ruolo scomodo di fustigare le cattive abitudini del Palazzo, incapace di decifrare i lamenti del mondo fuori dalle finiestre del Palazzo: “rapper esorcista / scomodo come l’antidoping / come un ciclista / il caso chiuso / è caso mai / canta il pezzo / con me se / lo sai / i cantanti incantano / nascosti e sporchi /come i soldi che mancano / tutti pronti per la partenza / ma da anni è una finta partenza / dopo l’ultima grande occasione / si rimane così senza / nella testa una voce rimbomba / tipo capitano la nave affonda / terza seconda prima il paese non si mette più in moto”.

Ecco, l’Italia non si mette più in moto. I comizi sono indiscussa prerogativa del comico Beppe Grillo e tocca ai rapper provare a raccogliere i segni di rabbia disseminati nelle strade dello Stivale.

 

Michele De Feudis

Michele De Feudis su Barbadillo.it

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