Governo Renzi. Rebus Ministero del Tesoro: dopo l’overdose di tecnici spazio ad un politico?

ministero-finanzeIl nodo da sciogliere è l’affermazione del primato della politica sui Soloni scelti con il benestare dei poteri forti. Tutto ruota intorno a via XX settembre, sede del Ministero del Tesoro. L’assemblaggio del nascente governo Renzi registra un’impasse proprio su questa casella.

In una Italia corrosa dalla crisi economica e devastata dalle ricette austere che hanno stritolato il tessuto produttivo, dal 2001 si susseguono una sfilza di tecnici al dicastero preposto alle Finanze: esperti di economia che, senza la legittimazione del voto popolare, hanno disegnato le politiche del Tesoro. L’unica eccezione in questi quattordici anni è stato Giulio Tremonti, professore a metà tra area berlusconiana e Lega. Poi è toccato a personalità esterne alla politica come Domenico Siniscalco, Tommaso Padoa Schioppa, Mario Monti, Vittorio Grilli e Fabrizio Saccomanni.

Il filo rosso che affratella funzionari di banca e grand commis di stato è il gradimento quirinalizio, unito ad una benedizione delle nomenclature apolidi che dominano l’Unione Europea. Un modus operandi che Ezra Pound aveva svelato formulando una attualissima sentenza: I politici non sono altro che i camerieri dei banchieri.

La partita di Renzi? I primi passi sono stati tutti giocati sugli annunci e poco sui contenuti. Il braccio di ferro in corso si gioca tutto sull’autonomia dai poteri forti e internazionali, che in larga parte hanno sponsorizzato prima Enrico Letta a Palazzo Chigi e ora l’arrivo del sindaco di Firenze. Con queste premesse c’è poco da sperare in colpi di scena che riaffermino la centralità del voto popolare.

La politica italiana si può riscattare solo affermando la propria missione, e riscoprendo la sovranità nazionale nelle strettoie dei patti con il superstato europeo. Sembra poco, ma le sfide dei prossimi anni, oltre la destra e la sinistra e nel perimetro trasversale di nuove categorie, si giocheranno in questa direzione.

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