Governo. Renzi premier lancia “più riforme per tutti”: programma o dissimulazione?

renziquiriUn po’ ingessato, giustamente emozionato, di certo raggiante. Matteo Renzi ha accettato l’incarico di formare il nuovo governo da parte del presidente Giorgio Napolitano. Il grande giorno per il rottamatore è arrivato: «Ho ricevuto l’incarico di provare a formare il nuovo governo, ho accettato con riserva per l’importanza e la rilevanza di questa sfida». Fin qui il protocollo. Poi Renzi è ritornato se stesso e ha lanciato una road map da brivido: «A febbraio la legge elettorale. A marzo il lavoro, ad aprile la riorganizzazione della pubblica amministrazione e a maggio il fisco». Una riforma al mese, non a caso un’agenda che corrisponde con i prossimi tre mesi, i cosiddetti cento giorni della “luna di miele” che accompagneranno il premier in pectore alla prova delle elezioni Europee.

L’obiettivo – sulla carta – è un governo di legislatura che duri fino al 2018. In realtà la carne al fuoco messa da Renzi è il tentativo di qualificare il suo come un “governo del fare” e non come il governo del ribaltone (che è stato). Detto ciò le incognite per il premier appena designato sono tante. A partire dalla compagine di governo dato che Angelino Alfano – che, non fidandosi del feeling tra capo del Pd e il Cavaliere, richiede un patto alla tedesca come contratto di coalizione – si è già visto scavalcato senza troppi complimenti dal motu proprio del rottamatore.

Altra gatta da pelare è la scelta della squadra che dovrà comporre l’esecutivo. Autodefilati i nomi pop di Baricco e Farinetti, Renzi vorrebbe che l’attenzione si concentrasse sui punti del programma (ha ironizzato sulle fatiche dei cronisti impegnati nel “totoministri”). In realtà, più che sulle quote o su quanti “leopoldiani” impareremo a conoscere, è sulle caselle pesanti – Giustizia, Lavoro e soprattutto Economia – che si giocherà il profilo del nuovo governo con l’Europa e gli osservatori interessati dell’Italia.

Anche per questo motivo i tempi della composizione si allungano. Ma Renzi – che ha già ricevuto una pesante stroncatura da l’Osservatore romano – non potrà tergiversare più di tanto. Perché se è vero che la mattinata – dopo essere stato ricevuto al Colle – era iniziata con un giudizio positivo dal fronte finanziario  (lo spread aveva aperto in ribasso a 195 punti), sono bastate poche ore affinché Fitch facesse sapere che le dimissioni di Letta e la sua sostituzione con Renzi «evidenziano la volatilità della politica italiana». Insomma, da questo momento la palla – e l’onore – ce l’ha il rottamatore e solo lui. Adesso sì che Enrico Letta #stasereno.

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Antonio Rapisarda

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