E le cose non sono affatto cambiate: comandanti che abbandonano la nave che affonda; amministratori delegati pagati milioni per liquidare aziende sane; primari ospedalieri che si arricchiscono sulla pelle dei malati; docenti universitari senza requisiti; per tacere, ovviamente, di politici e magistrati. Basta una rapida scorsa ai giornali per rendersi conto che, a tenere in piedi quel che resta del nostro Paese, sono gli sforzi di tanti lavoratori, impiegati, insegnanti, piccoli imprenditori e professionisti che costituiscono la spina dorsale del sistema Italia, gravata dalle clientele e dall’irresponsabilità diffuse ai livelli più alti.
Un’occasione per rileggere, alla luce di questa triste dicotomia, la storia del Novecento, ci viene offerta da una novità libraria: Il Generale delle Camicie Nere, di Stefano Fabei (Pietro Macchione Editore, pagg. 662, euro 25), dedicata alla vita di Niccolò Nicchiarelli, uno tra i gerarchi fascisti più importanti e meno conosciuti. Volontario sedicenne nella Grande Guerra, squadrista, poi ancora volontario in Africa e comandante della Legione Tagliamento in Russia, Nicchiarelli ricoprì tutti i gradi della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale per assumere, durante la Repubblica Sociale Italiana, il ruolo di Capo di Stato Maggiore della Guardia Nazionale Repubblicana. Imprigionato nel 1945, fu processato e assolto, senza rinnegare le sue idee fino alla morte, avvenuta nel 1969.
La sua avvincente biografia è anche una irritante discesa nella burocrazia asfissiante che Nicchiarelli ha dovuto costantemente, e a volte inutilmente, combattere, a cominciare dalla surreale accusa di renitenza alla leva, mossagli perché, avendo falsificato i documenti per andare al fronte minorenne, risultò disertore quando la sua classe fu chiamata. Uomo riservato -di lui si conoscono pochissime foto, e molte di quelle riportate nei libri non sono sue- patì, nei giorni tragici della fine della guerra, l’accusa, forse ingiusta, di non aver saputo comandare le migliaia di volontari, ancora entusiasti , che avevano cercato invano di seguire il loro Duce. Fu proprio Nicchiarelli, infatti, a dare l’ultimo, confuso ordine di rompere le righe, a Como, il 26 aprile 1945, condannando così, involontariamente, tutti quei fascisti che, se fossero rimasti uniti, avrebbero forse avuto miglior sorte e sicuramente miglior morte. (da Il Giornale)
* “Il Generale delle Camicie Nere” di Stefano Fabei (Pietro Macchione Editore, pagg. 662, euro 25)