Pd ingrato con Ingroia, “declassato” da icona giustizialista a ostacolo verso la vittoria

Ingrati con Ingroia. Perché quel “desistere, desistere, desistere” che il Pd gli ha intimato – pena la mancata vittoria del centrosinistra in alcuni regioni chiave per raggiungere la maggioranza al Senato, così dicono e così è – codice etico alla mano, proprio non dovrebbe andare giù al candidato premier di Rivoluzione civile. Come potrebbe, del resto, il magistrato simbolo della lotta alla “trattativa” (quella Stato-mafia) accettare adesso la spicciola trattativa politica del “non facciamoci (ancora) del male?”.

Ma non è solo questo. Per l’ex pm della procura di Palermo il suo ritorno in Italia dal buen retiro da inviato Onu in Guatemala (durato, sì e no, qualche mese), non è stato di certo tra i più lieti. Già, non bastava l’arcinemico Silvio Berlusconi che ribalta da solo lo studio di Michele Santoro e “denuncia” in diretta i processi di Marco Travaglio. E che dire, poi, della lettura della sentenza della Corte Costituzionale sulle intercettazioni al capo dello Stato: atto che sconfessa in toto la versione della procura di Palermo?

Ma la cosa che avrà fatto più male all’allievo dello storico pool antimafia sarà stato, di certo, il fastidio che la sua candidatura, a braccetto con De Magistris e comunisti in diaspora, ha destato tra i suoi fan del Pd e del partito di Nichi Vendola. Essere considerato, adesso, un fardello, un problema (dopo essere stato snobbato per mesi dal segretario democratico Bersani che ha rifiutato l’apparentamento con il fronte giustizialista più ortodosso), senza per questo essere accettato come alleato di un futuro governo sembra davvero troppo. Da ingrati con Ingroia, appunto.

Lui – barbetta incolta e accento da cameo cinematografico – che è stato coccolato, incensato, celebrato dalla sinistra politica e, ovviamente, da quella mediatica e giudiziaria. Lui che ha rappresentato, in questi ultimi anni, la protesi più incisiva nel tentativo di scardinamento della genesi del centrodestra targato Berlusconi con la più infamante delle accuse: essere nato politicamente con l’appoggio della mafia. Lui che ha incarnato il sogno inconfessabile – tutt’altro che una piccola fronda a sinistra – di chi intende sostituire il potere politico con quello giudiziario.

Proprio lui, adesso, è diventato uno spauracchio. O, da un altro punto di vista, decisivo. E lui tutto questo non l’ha preso bene. O forse sì, perché lui – in tv – su questo argomento nicchia, ridacchia: pura “sicilitudine”. Non sarà facile – dopo averlo creato – essere ingrati con Ingroia…

Antonio Rapisarda

Antonio Rapisarda su Barbadillo.it

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