Cultura. I quarant’anni di “Eléments” fucina di avanguardie che contaminò anche l’Italia

elementsIn tempi di comunicazione usa-e-getta gli spazi per il giornalismo “culturale” sembrano essere sempre più ristretti. Ancora di più se la scelta di campo è quella del pensiero non conformista, al di fuori cioè di ogni appartenenza “di scuola”, di ogni conventicola politicamente corretta. Anche per questo, per l’eccezionalità ed il livello dell’esperienza,  sono tutti da celebrare i quarant’anni della francese “Eléments”, rivista-cult, possiamo ben dire,  di un ambiente  da sempre in lotta contro il pensiero unico.

A suggellare l’anniversario è arrivato un numero veramente speciale della pubblicazione  (per acquisti: contact@revue-elements.com)  che offre, in un ampio dossier, i tratti più significativi di un impegno così identificato da   Robert de Herte (storico pseudonimo di Alain de Benoist) , nell’editoriale di apertura: comprendere e fare comprendere gli avvenimenti ed il “contesto” in cui si manifestavano, fare crescere una nuova consapevolezza sulle loro cause, fino al punto da anticiparne gli sviluppi.

Un “lavoro di prospettiva” che de Herte-de Benoist individua in  una serie di opzioni particolarmente significative: “… la diversità contro la Monotonia, le culture popolari contro l’universalismo, la logica del dono contro quella mercantile, il politeismo dei valori contro i monoteismi, il disinteresse e la gratuità contro l’utilitarismo e l’assioma dell’interesse, l’etica dell’onore contro la morale del peccato, il locale contro il globale, la convivialità contro la crescita infinita, ecc…”.

Si tratta di fattori caratterizzanti, sinteticamente fotografati  dall’antologia,  pubblicata in appendice  allo speciale “Eléments – 40 ans”, i quali fanno  emergere dall’esperienza della rivista (più di 9.000 pagine pubblicate, con 150 collaboratori)  un’idea nuova  di Europa,  “ripensata” nelle sue radici, alternativa all’occidentalismo “stars and strips” e al comunismo sovietico, e perciò immaginata in  una nuova alleanza con il cosiddetto “Terzo mondo”; individuano nelle nuove frontiere della biotecnologia lo sviluppo dell’umanità; sottolineano  i rischi del  degrado urbano e le ragioni di un nuovo ambientalismo; denunciano l’economia “totalitaria” e le politiche migratorie.

Dalla prima uscita del settembre-ottobre 1973, numero dopo numero,  “Eléments” crea un “metodo”, mettendo in rapporto sinergico discipline anche lontane tra loro e favorendo la crescita della scelta  “metapolitica”, che Claude Valla, segretario generale del GRECE (Groupement de recherche et d’études pour la civilisation européen),  di cui la rivista è stata, per anni, l’emanazione, definiva “…il  campo dei valori che non hanno a che vedere con la politica, nel senso tradizionale del termine, ma che hanno un’incidenza diretta sulla costanza o sull’assenza del consenso sociale regolato dalla politica. Di fatto, porre la questione della metapolitica è porre quella del  posto e del ruolo dell’ideologia. Nel senso ‘duméziliano’ di questa parola, l’ideologia non è nient’altro che il sistema mentale risultante dal modo in cui i differenti popoli della terra vivono o percepiscono il mondo, ed agiscono su di esso”.

L’idea fu poi esemplificata nel cosiddetto “gramscismo di destra”, immagine-simbolo che tanto spazio  ha avuto anche  in Italia, rappresentando uno dei cardini metodologici della Nuova Destra. Fu proprio  il “metodo” a rappresentare, sul finire degli Anni Settanta,  il fattore di coesione tra ambienti ed esperienze così diverse tra loro, al di qua ed al di là delle Alpi.

Da una parte, in Francia, c’era una giovane pattuglia intellettuale che, superata l’onda di piena del ’68, si era incamminata sulla via dell’interpretazione della realtà, attraverso una puntuale opera di scomposizione-ricomposizione culturale, che non si limitava a ricapitolare una  pur ricca tradizione ideologica, ma immaginava nuove sintesi, alla luce dell’ analisi critica delle idee contemporanee. Dall’altra parte, in Italia, il contesto  politico, egemonizzato, a destra, dalla presenza di un partito dalle forti ascendenze “nostalgiche” e da una realtà culturale eterogenea e parcellizzata, rendeva ancora nebulosi possibili percorsi “alternativi”.

Fu proprio l’incontro con “Eléments” e con la più corposa rivista di studi “Nouvelle Ecole” a costituire la classica scintilla, in grado di provocare, a destra, anche nel nostro Paese, una salutare rivoluzione culturale. Difficile non restare segnati da quelle letture, da cui emergeva un’idea “altra” di impegno culturale, non più strettamente assimilabile ad una scelta politica, ma , proprio per questo, più libera ed insieme metodologicamente più efficace.

Messi al bando i nostalgismi d’ambiente, i complessi d’inferiorità, gli sterili giustificazionismi, “Eléments” indicava una rotta, un “metodo” efficace, facendo nascere una nuova  consapevolezza culturale, anche nel non facile contesto italiano. Il nitore di quelle pubblicazioni, chiare nei contenuti ed accattivanti nella grafica (così lontana da certi bollettini nostrani, sciatti ed anonimi) non poteva non segnare l’inquieta generazione degli Anni Cinquanta, in cerca di vie culturalmente creative, al di là – come si diceva allora – della destra e della sinistra.

La differenza tra i due “percorsi”, quello francese e quello italiano, sta tutto nei quarant’anni di “Eléments”, nello spazio che ha saputo conquistarsi la Nouvelle Droite  a fronte di una perdita di ruolo e di coesione dell’originario gruppo italiano, sulle cui strategie hanno prevalso le ambizioni individuali, l’eterogeneità culturale e le “illusioni” politiche. Visti i risultati,  ripensare a  quell’esperienza è doveroso, magari ripartendo dalle “origini”, da quel fecondo “magazzino di idee”, presentatosi, per la prima volta,  nel 1973 e tuttora attivo.

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Mario Bozzi Sentieri

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