Prato, Italia. Il degrado nelle fabbriche nazionali tra nuovo Far West e leggi inattese

Incendio in fabbrica a Prato, vittimeA Prato sono morte sette persone sul posto di lavoro che, nell’Italia del 2013 e non della fine dell’800, coincideva con la casa dove questi lavoratori cinesi vivevano. La vicenda di Prato arriva come un dramma del lavoro che sconvolge non solo per il numero elevato di vittime ma anche per le modalità con cui – come molti sanno e come mai prima denunciato – una zona del nostro Paese è diventata una territorio “altro”, un distretto parallelo.

Il procuratore della Repubblica di Prato lo ha chiamato “Far West”, denunciando come chi amministra la giustizia sia stato lasciato da solo rispetto a un fenomeno che per dimensioni e impatto deve diventare una questione nazionale. Ciò che è avvenuto a Prato, infatti, non riguarda solo il problema cronico del lavoro in nero e dello sfruttamento. In questo caso entra in ballo anche la capacità e la qualità di interlocuzione dell’Italia rispetto ai partner stranieri.

Fa riflettere, ad esempio, la circostanza insolita rappresentata dal governatore della Toscana ha chiesto l’intervento di Pechino, quando – è chiaro – la gestione del lavoro in Italia deve essere materia dove esercitare il principio di sovranità anche nei controlli a difesa dei lavoratori, italiani e non, e della qualità del lavoro.

Le leggi italiane esistono e devono valere per tutti, perché nascono a difesa di tutti. È inconcepibile il fatto che valgano solo per gli imprenditori italiani molte volte costretti – più che sulla difesa della salute e della dignità dei lavoratori – a far fronte agli stress test sulla tassazione. Se non si innalza il livello dei controlli e non si richiedono standard di qualità di lavoro anche alle comunità straniere in Italia continuerà questa concorrenza al ribasso che riguarda non solo la qualità dei prodotti ma anche la dignità dei lavoratori.

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Liam Brady

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