Libri. “Sulla questione degli ostaggi”: Jünger e la pietas dell’uomo forte

junger“Il vero forte, predestinato al dominio, non scatena l’odio, la pura violenza, non annienta arbitrariamente il nemico”: Ernst Jünger aveva questa idea di potenza e da ufficiale tedesco nella Francia occupata viveva con travaglio il succedersi quotidiano degli attentanti terroristici organizzati dai partigiani rossi e delle susseguenti rappresaglie naziste, che nei piani della resistenza transalpina dovevano alimentare con il sangue dei prigionieri trucidati il malcontento nei confronti del governo filo tedesco. Per questo raccolse alcune lettere di condannati a morte dai tedeschi. “Al mio resoconto dei fatti – scrisse in una relazione- avevo allegato una traduzione delle lettere in cui le vittime di Nantes (dove fu ucciso un tenente colonnello tedesco con una azione banditesca ndr), immediatamente prima della morte, dicevano addio ai loro cari. Questi documenti riflettono la grandezza che l’uomo può raggiungere quando abbia messo da parte la volontà e abbandonato ogni speranza. Allora si levano segnali d’altro tipo. Odio e timore scompaiono; emerge l’immagine più limpida dell’uomo. Il mondo dei criminali, dei feroci vendicatori, delle masse cieche e dei governanti sprofonda nelle tenebre; una grande luce proietta in lontananza il suo fulgore”.

“Ciò che Jünger ha percepito e fissato con somma precisione – spiega nell’introduzione Sven Olaf Berggotz – è ciò che ancora oggi sentono molti francesi – al di là delle motivazioni politiche di Nicolas Sarkozy – ascoltando l’ultima lettera di Guy Moquet (diciassettenne militante della resistenza transalpina fucilato durante il governo di Vichy ndr): la grandezza e la semplicità delle sue parole, e il monito che promana da questa sconvolgente testimonianza di dignità umana”.

Le ottanta pagine della relazione che Jünger scrisse al comandante tedesco, il generale di fanteria otto von Stülpnangel uniscono dettagli sulla critica situazione francese con considerazioni di struggente umanità. Di von Stülpnangel, suo diretto superiore, scrisse: “E’ uno strano miscuglio di delicatezza, di grazia, di agibilità, che fa pensare a un primo ballerino di corte con tratti legnosi e malinconici. Usa espressioni da cerimoniale spagnolo, parta stivali alti di vernice e un’uniforme dai bottoni dorati. Egli mi aveva fatto chiamare per la faccenda degli ostaggi, poiché gli stava a cuore una descrizione esatta in vista dei tempi futuri”. E così, al di là della prosa burocratica, lo scrittore di Heidelberg rese “omaggio alle vittime” e chiarì le posizioni tragiche dei vari protagonisti del conflitto, come quelle dell’alto comando tedesco. Perché in guerra, tracciare con nettezza la linea tra i buoni e i cattivi, spesso è pura utopia.

*”Sulla questione degli ostaggi. Parigi, 1941-42″ di Ernst Jünger (Guanda, 2012, pag. 189 – € 14)

@waldganger2000

Michele De Feudis

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