Rispetto a questo, però, i due leader del M5S non sembrano sostenere per nulla l’abolizione del reato. Non solo l’idea «non è stata discussa in assemblea con gli altri senatori del M5S, non faceva parte del Programma votato da otto milioni e mezzo di elettori, non è mai stata sottoposta ad alcuna verifica formale all’interno» ma «non siamo d’accordo sia nel metodo che nel merito». Nel metodo – spiegano Grillo e Casaleggio -«perché un portavoce non può arrogarsi una decisione così importante su un problema molto sentito a livello sociale senza consultarsi con nessuno. Il M5S non è nato per creare dei dottor Stranamore in Parlamento senza controllo». Ma è nel merito il passaggio più importante: «Se durante le elezioni politiche avessimo proposto l’abolizione del reato di clandestinità, presente in Paesi molto più civili del nostro, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico».
Insomma Grillo ribadisce il suo “no” all’abolizione del reato di clandestinità in nome dell’identità della sua creatura: «Sostituirsi all’opinione pubblica, alla volontà popolare è la pratica comune dei partiti che vogliono “educare” i cittadini, ma non è la nostra. Il M5S e i cittadini che ne fanno parte e che lo hanno votato sono un’unica entità».
Poi arriva anche un messaggio politico rivolto a chi ha subito sposato l’abolizione tout court della clandestinità: «Questo emendamento è un invito agli emigranti dell’Africa e del Medio Oriente a imbarcarsi per l’Italia. Il messaggio che riceveranno sarà da loro interpretato nel modo più semplice “La clandestinità non è più un reato“. Lampedusa è al collasso e l’Italia non sta tanto bene. Quanti clandestini siamo in grado di accogliere se un italiano su otto non ha i soldi per mangiare?». La domanda, a questo punto, è: come reagirà il resto della pattuglia parlamentare del M5S?