Ma tutti i torti, dal loro punto di vista, non possono essere dati nemmeno a quelli del Partito Democratico o agli altri partiti che si sono giocati, in passato, la carta del volto noto per far finta di piacere ai giovani. Questo perché sia la sinistra che la destra hanno da sempre creato musica per far sognare. Principalmente, questi sogni a occhi aperti servivano a tradurre in note le utopie di possibili mondi nuovi da costruire con percorsi collettivi. Erano utili per creare un bagaglio culturale comune in cui riconoscersi e, non per ultimo, per attirare nuovi ragazzi. Ma in questo caso, i futuri militanti, venivano attirati a partire da un contenuto che doveva essere, almeno in parte, condiviso e non grazie ad una trappola luccicante, che più che a militare, ha l’unico scopo di trasformarli in comparse esibite per i telegiornali del giorno dopo. Il guaio, per i partiti, è che la vecchia via della canzone politica militante gli è rimasta preclusa. Non ci sono più cantautori disposti a raccontare il loro sogno, semplicemente perché non hanno più un sogno. E quindi non rimane che appaltare a terzi l’incarico di venderci le proprie note con la speranza, almeno, di accaparrarsi i figuranti dei sogni altrui.