Lenau nacque nel 1802 a Csatad, in Ungheria. Personalità molto inquieta abbandonò gli studi universitari dopo aver frequentato tre o quattro facoltà diverse. Ebbe storie d’amore discutibili, non si sentiva mai a casa propria in alcun posto, fino a che decise di trasferirsi negli Usa. Ma la delusione di quel paese superò ogni aspettativa. Attraversò crisi spirituali, malinconie acute, sempre in preda al pessimismo. Morì a 48 anni, in solitudine, in un manicomio viennese. Esponente del Romanticismo, per il suo pessimismo e per la sua vita in solitudine fu paragonato a Giacomo Leopardi e a Lord Byron.
Il Faust di Lenau rappresenta bene lo studioso in cerca di sapere al punto tale da essere disposto a stringere un patto con il diavolo in cambio di conoscenza. Il Faust di Lenau fu portato in scena con le note del Mephisto Walzer del famoso Liszt. Un Faust diverso da quello di Goethe. Il Faust di Goethe è un uomo redento, illuminato dalla fede e determinato nell’azione, quello di Lenau è lacerato, cerca inutilmente la verità, della quale peraltro dubita sia un privilegio divino e così pecca di presunzione, ponendosi contro Dio. Il diavolo non riesce a convincere Faust poiché quest’ultimo ha ormai una volontà atrofizzata. Ma emerge anche che nel suo animo, il Faust di Lenau, non desidera nulla. E si lascia morire. Un libro coinvolgente, che si legge tutto d’un fiato, opera che ben esprime il Romanticismo del tempo.
Nikolaus Lenau, Faust, (traduzione di Alberto Cattoi), Carbonio ed., pagg. 264 euro 16,00