Tremonti si professa sociale e sovranista, ma si smarca dall’Aspen?

L’intervista rilasciata da Giulio Tremonti, martedì al Corriere della Sera, nella testa dell’ex ministro doveva servire a dare una scossa al moribondo dibattito politico italiano. Toni mourigneschi (“la Merkel ora è tremontiana”), vagamente grillini (non starò “dentro i partiti vecchi, non con i generali di armata morta, non con le marionette di se stessi”), e tanta carne al fuoco: sovranità nazionale, antimercatismo, separazione fra credito e speculazione, dignità dei popoli. Una ricetta tanto semplice quanto radicale. Da proporre a quale bacino elettorale? Con quale strategia?

La fondazione ResPublica, sede a Milano, principale laboratorio tremontiano, raccoglie una buona parte della classe dirigente ex Psi. I continui riferimenti al Pse e ad Hollande, poi, non lasciano molti dubbi sullo stile politico di riferimento. Tremonti sembrerebbe voler scendere in campo con l’intento di svettare sui cadaveri politici di destra e sinistra, entrambe incapaci (per colpa e convenienza) di rintuzzare l’ex ministro sul delicato tema del debito sovrano, della finanza senza regole, della turbo-globalizzazione illuminata nata con il Wto. Su questo terreno, almeno da un punto di vista editoriale e comunicativo, Tremonti gioca una carta di coerenza praticamente inattaccabile. Tuttavia resta da capire in che termini l’ex pdl riuscirà a smarcare la sua immagine dall’inefficienza del governo Berlusconi, dalla sua clamorosa inconsistenza politica sui temi citati, ma soprattutto, resta da capire quanto peserà il passato liberista e l’anglofona frequentazione dell’Aspen Institute, ora che il messaggio suona esclusivamente sociale e nazionale. Manca ancora un tassello fra coerenza editoriale e politica affinché quella di Tremonti appaia come l’unica proposta decente fin qui pervenuta dopo il commissariamento targato Goldman Sachs.

Giacomo Petrella

Giacomo Petrella su Barbadillo.it

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