Focus. Maurizio Abbatino e il furto delle bobine del “Salò” di Pasolini tra ricostruzioni fragili e realtà

In un giorno imprecisato da collocarsi però con sicurezza intorno al Ferragosto del 1975, dallo stabilimento di Via Tiburtina della Technicolor vengono rubate da persone mai identificate 74 pizze cinematografiche contenenti i negativi di alcune scene di tre film ancora non completati

Pasolini nel film di Abel Ferrara

A diversi mesi di distanza, nove per la precisione, da quando chi scrive diffuse sul quotidiano “La Verità”, affiancando all’audio un articolo poi ripreso da Barbadillo, le parole con cui l’ex esponente di primo piano della Banda della Magliana Maurizio Abbatino, in una conversazione con la giornalista Raffaella Fanelli, ha sostenuto di aver preso parte, nell’agosto del 1975, al furto dallo stabilimento romano della Techinicolor (che ha cessato le attività nel 2013) delle bobine di tre film italiani all’epoca non ancora ultimati, fra i quali “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini, è giunto il momento di fare il punto sulla vicenda. La storia della partecipazione di Abbatino alla rapina, infatti, ha preso nel frattempo una piega molto particolare di cui in pochi sembrano essersi accorti. Ma procediamo con ordine, perché il caso – divenuto oggetto di interesse mediatico in quanto da alcuni posto in relazione con l’assassinio di Pasolini avvenuto il 2 novembre del 1975 – è piuttosto intricato.

Il furto alla Technicolor

In un giorno imprecisato da collocarsi però con sicurezza intorno al Ferragosto del 1975, dallo stabilimento di Via Tiburtina della Technicolor (azienda americana specializzata nella post-produzione audio e video), in quel periodo chiuso per ferie, vengono rubate da persone mai identificate 74 pizze cinematografiche contenenti i negativi di alcune scene di tre film ancora non completati: “Il Casanova” di Federico Fellini, “Un genio, due compari e un pollo” di Damiano Damiani e il già citato “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pasolini (del quale vengono sottratte una dozzina di bobine). I rapitori chiedono un riscatto alle produzioni delle tre pellicole (due delle quali, quella di Fellini e quella di Pasolini, finanziate dalla Pea di Alberto Grimaldi), ma il tentativo di estorsione è respinto al mittente poiché tutti e tre i titoli vengono portati a termine senza particolari difficoltà nonostante il trafugamento. Parte delle bobine verrà poi fatta ritrovare, tramite una soffiata anonima ai carabinieri, il 2 maggio 1976 al Teatro 15 di Cinecittà. Nel 2005 il regista Sergio Citti, collaboratore e intimo amico di Pasolini, avanza l’ipotesi che quest’ultimo, la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975, venne attirato all’Idroscalo di Ostia, dove sarà poi assassinato, con la promessa di restituirgli gratuitamente le pizze rubate di “Salò”. Abbiamo già spiegato in vari articoli, tra cui quello ospitato da Barbadillo (a cui rimandiamo), per quali motivi questa ricostruzione dei fatti – ripresa da un gran numero di giornalisti e studiosi e alla base anche di una recente relazione della Commissione parlamentare Antimafia – sia a nostro avviso priva di fondamento. Qui ci limitiamo a fare un’ulteriore osservazione che abbiamo in precedenza trascurato: è semplicemente assurdo pensare che Pasolini intendesse caricare in piena notte sulla sua Alfa GT 2000, un’automobile sportiva non certo capiente, dodici bobine dal peso complessivo di circa 33 chilogrammi.

Maurizio Abbatino detto Crispino

La foto scattata all’Idroscalo di Ostia la mattina di domenica 2 novembre 1975 in cui comparirebbe – ma a oggi non sono stati trovati riscontri – un giovane Maurizio Abbatino

Torniamo adesso ad Abbatino. In un lungo dialogo con Raffaella Fanelli che nel 2018 si tradurrà nel libro-intervista “La verità del Freddo” (Ed. Chiarelettere), dialogo da cui proviene il frammento audio da noi reso pubblico, il boss racconta fra l’altro di avere partecipato nell’estate del 1975 (dunque diverso tempo prima che la Banda della Magliana, nata nel 1977, si costituisse), e svolgendo essenzialmente le mansioni di autista, alla sottrazione delle famose bobine dalla Technicolor. Dopodiché, per smentire le voci – anch’esse sprovviste di qualsiasi riscontro – secondo le quali in una fotografia scattata all’Idroscalo di Ostia la mattina del 2 novembre 1975 figurerebbe – tra i curiosi intenti a osservare il cadavere martoriato di Pasolini – proprio Abbatino, quest’ultimo lo scorso aprile ha fatto diffondere dal proprio legale, l’avvocato Rosario Scognamiglio, un tabulato del Dap (Dipartimento dell’amministrazione giudiziaria) dal quale si evince come Crispino (questo il soprannome con cui Abbatino era noto negli ambienti malavitosi) dal 23 maggio al 23 novembre 1975 sia stato in carcere.

Maurizio Abbatino

La giornalista Simona Zecchi, in un suo articolo ospitato dal sito dell’Espresso  in cui ha meritoriamente dato notizia dell’esistenza del tabulato, pubblicandone anche una fotografia, non sembra però essersi resa pienamente conto che il periodo di detenzione patito da Abbatino esclude categoricamente non soltanto la sua partecipazione al furto, in quanto avvenuto a metà agosto come rilevabile dalle cronache dei quotidiani dell’epoca, ma anche l’eventualità (è quanto la Zecchi ipotizza sulla scorta di un colloquio da lei avuto con Abbatino, nel quale questi ha altresì ribadito di non essere lui il ragazzo riccio della foto all’Idroscalo anche perché «se fossi io non avrei avuto alcun problema a dichiararlo visto che con l’omicidio e con l’agguato non ho nulla a che fare») che egli abbia preso parte a un successivo recupero di alcune delle bobine trafugate, appena quattro o cinque nel ricordo dell’ex boss, in un luogo in cui le pizze sarebbero state successivamente portate (Abbatino ha approssimativamente descritto alla Zecchi una sorta di villa a due piani sita in una via non distante dalla Tiburtina, in posizione più avanzata rispetto a Rebibbia e diretta verso la zona di Val Melaina, a nord-est della Capitale, e l’unica strada che abbia più o meno queste caratteristiche è Via del Casale di San Basilio, benché vada sottolineato come la descrizione dell’edificio fatta in precedenza da Abbatino a Raffaella Fanelli – non adiacente alla strada e provvisto di vetrate – faccia pensare proprio alla Technicolor). Abbatino afferma infatti di avere visto un paio di volte Pier Paolo Pasolini presso una bisca, oggi non più esistente, situata in Via Pescaglia, nel quartiere della Magliana, a sud-ovest di Roma (bisca gestita da tale Franco Conte, ricettatore nel frattempo defunto, che è colui che avrebbe coinvolto nel furto delle pizze Abbatino e altri giovani delinquenti per lo più provenienti dal Tiburtino, dei quali però Crispino sostiene di non aver mai conosciuto l’identità); ma dice anche, è sempre Simona Zecchi a riportarlo, di avere visto il poeta in quella bisca dopo avere partecipato al furto, non prima, e noi adesso sappiamo che nei mesi che separano il trafugamento delle bobine dalla morte di Pasolini Abbatino era in prigione.

Rebibbia, non Regina Coeli

Porzione di una pianta di Roma in cui sono indicate, con delle scritte in rosso, Via Tiburtina e Via del Casale di San Basilio. I tre cartigli indicano rispettivamente la posizione della zona di Val Melaina, del quartiere di Rebibbia e della vecchia sede della Technicolor

Aldo Colonna, uno dei più «creativi» tra i giornalisti che si occupano dell’omicidio Pasolini,  ha provato a fornire una sua spiegazione delle contraddizioni presenti nelle memorie di Abbatino in un articolo dal titolo “Pasolini ultimo atto senza finale”, uscito il 3 giugno scorso nell’inserto “Alias” del quotidiano “Il Manifesto”. Scrive Colonna, riferendosi al tabulato del Dap diffuso da Simona Zecchi: «Ora, un funzionario dello Stato (che mi ha “invitato” a non fare il suo nome pena spiacevoli ritorsioni) mi ha confidato che, estemporaneamente, detti certificati venivano alterati e che, in una via laterale del carcere di Regina Coeli esisteva ed esiste una porticina di metallo da dove molti carcerati potevano uscire, diciamo dalle 22 alle 6 del mattino seguente, per il disbrigo di pratiche “urgenti”». Colonna, insomma, insinua che Abbatino, benché nel 1975 non fosse ancora un criminale affermato e mancasse dunque di agganci in alto loco, potesse uscire dal carcere più o meno a proprio piacimento – purché dalle 22 alle 6 del mattino – e che abbia approfittato di questa privilegiata condizione sia per rubare le bobine dei film sia, qualche mese dopo, per partecipare all’omicidio di Pasolini.

La cartina mostra la distanza che separa la zona della Magliana (indicata dal pallino blu) da quella in cui si trovava la Technicolor (indicata dal pallino rosso)

A parte il fatto che, come si sarà notato, siamo al cospetto di una classica situazione da «mi ha detto mio cugino», il furto delle pizze alla Technicolor (o il recupero di alcune delle medesime in una non meglio precisata villa a nord-est di Roma) avvenne, nel racconto dell’ex boss, di giorno e non di notte; ma soprattutto, Abbatino trascorse il periodo di detenzione a Rebibbia e non a Regina Coeli…

Il tabulato: autentico o no?

Dunque, ribadita la nostra convenzione, più volte dettagliatamente motivata, che l’omicidio di Pasolini e la sottrazione delle bobine alla Technicolor nulla abbiano a che spartire, come si può spiegare la discrepanza tra il racconto di Abbatino e i dati relativi alla sua permanenza a Rebibbia dal 23 maggio al 23 novembre 1975? Riaffermiamo intanto un dato indiscutibile. Se il tabulato del Dap non è un falso elaborato dall’avvocato di Abbatino su impulso di quest’ultimo, il che sarebbe davvero clamoroso, il furto di cui Abbatino racconta (perché di furto egli parla espressamente, non di un recupero, per il quale tra l’altro non ci sarebbe stato bisogno di alcuna spedizione fatta in segretezza visto che si sarebbe trattato semplicemente di un passaggio di refurtiva tra complici) deve necessariamente precedere il 23 maggio del 1975, data di inizio della detenzione – terminata il successivo 23 novembre, ossia ventun giorni dopo l’omicidio di Pasolini – del futuro boss della Banda della Magliana a Rebibbia. E scriviamo «necessariamente» perché, come abbiamo già fatto notare, se la memoria di Abbatino è corretta questi vide Pasolini alla Magliana (vide cioè Pasolini vivo) poco dopo il furto delle bobine. Pertanto tale furto nulla avrebbe a che vedere con quello perpetrato ai danni del “Casanova” di Fellini (di gran lunga la pellicola più danneggiata dal trafugamento), di “Salò” di Pasolini e del western di Damiani. Abbatino farebbe dunque riferimento, con lacune e imprecisioni ampiamente spiegabili considerando che si tratta di fatti avvenuti mezzo secolo fa in una zona di Roma distante da quelle in cui il malvivente era solito muoversi, a un altro colpo sempre attinente a delle pizze cinematografiche, benché le cronache – fermo restando che non di tutte le azioni criminose che vengono compiute si ha notizia – non riferiscano di altri furti di bobine in quel periodo. A questo punto, insomma, la prima cosa da fare sarebbe verificare al di là di ogni dubbio l’autenticità del tabulato del Dap, perché se quest’ultimo fosse stato alterato (malamente, visto che oltre a smentire la presenza di Abbatino la mattina del 2 novembre a Ostia smentisce la partecipazione di Abbatino, da lui stesso riferita, al furto delle pizze) allora sì si rimetterebbe tutto in discussione, in quanto vorrebbe dire che Crispino ha veramente qualcosa da nascondere circa la sua presenza all’Idroscalo. Qualora il tabulato si confermasse autentico, invece, chi può dovrebbe chiedere conto ad Abbatino – laddove l’ex boss insistesse a far coincidere il furto a cui avrebbe partecipato con quello alla Technicolor dell’agosto 1975 – dell’incompatibilità fra la sua ricostruzione e il periodo di tempo da lui trascorso in una cella di Rebibbia.

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Giuseppe Pollicelli

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