Aspide. “I miei giorni nel Caucaso” di Banine, amante di Ernst Junger

Ultima di quattro sorelle, figlie di una famiglia scandalosamente ricca, munita di balia tedesca e pozzi di petrolio, nel suo primo libro dà vita ad un “lessico famigliare” caustico, sarcastico e mediterraneo

I miei giorni nel Caucaso, di Banine, dal sito La fenice book

Pare impossibile che le “memorie di una ragazza perbene”, per giunta azera, di inizio secolo possano essere più accattivanti dei suoi “giorni parigini”, infarciti di incontri erotici e letterari con Jünger, Katzantzakis, Montherlant, Malraux, Bunin e Teffi, solo per citarne alcuni. E invece, a differenza del diario di Simone de Beauvoir e di ciò che fanno intendere molti critici e recensori, commettendo un fatale hysteron proteron, “I miei giorni nel Caucaso” di Banine (pseudonimo di Umm-El-Banine Assadoulaeff, nata a Baku nel 1905) non sono soltanto un’anticipazione della rutilante vita mondana che verrà, anzi. 

Banine, ultima di quattro sorelle, figlie di una famiglia scandalosamente ricca, munita di balia tedesca e pozzi di petrolio, nel suo primo libro dà vita ad un “lessico famigliare” che è tanto caustico, sarcastico e mediterraneo quanto quello di Natalia Ginzburg è tenero, malinconico e mitteleuropeo; nonostante il suo scetticismo per i legami di sangue, poco adatti, non foss’altro che per mere ragioni statistiche, a dar vita ad affinità eccezionali, tra due rotonde memessi, qualche bizzarro consiglio sulla dieta del cioccolato della paffuta sorella Leila, un rutto formidabile di zio Soleiman – di quelli che “facevano gioire i bambini”- e un imprecisato numero di ammonimenti della nonna a “non diventare puttane” (una sorta di profezia autoavverante, come spesso avviene, anche e specialmente nelle migliori famiglie!), la piccola Banine trova il tempo di chiedersi, con la semplicità malinconica e rivoluzionaria che è propria dei bambini, e forse ancor più delle bambine ribelli: “Perché bisognava sempre ubbidire? […] Sarebbe stato così tutta la vita?”.

Banine

Come scrive Tolstoj in “Anna Karenina”, “tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo”, e questo assunto, negli anni ’90, darà vita addirittura ad un principio, codificato dal naturalista americano Jared Diamond nel suo saggio “Armi, acciaio e malattie”, che spiegherebbe perché, nella storia umana, relativamente poche specie animali siano state addomesticate. Sicuramente né la caotica e litigiosa famiglia di Banine né tantomeno la Banine pre-adolescente e adolescente avrebbero superato questo test di “addomesticabilità”, e però il ritratto della protagonista che emerge dal romanzo differisce molto dalla mangiauomini intellettuale un po’ stereotipata dei pochi articoli su di lei: Banine, infatti, per i primi anni della sua vita cresce all’ombra dell’estroversa cugina Gulnar, a proposito della quale scrive: “Le invidiavo quel carattere avventuroso così diverso dal mio, timoroso, esitante, per colpa del quale avevo forse rinunciato alla felicità. Allora non sapevo che un giorno sarei cambiata così radicalmente che oggi, descrivendomi, mi sembra di descrivere una persona per la quale non provo né tenerezza né compiacenza”, cugina che, peraltro, finirà perfino per soffiarle capricciosamente, a causa di un’indecisione di lei, il suo bel primo amore rivoluzionario, Andrej, senza però riuscire ad espugnarne nel profondo il cuore di ghiaccio. 

Ho scelto l’oppio di Banine, edito da Magog

Già, perché nel frattempo la Rivoluzione di Ottobre aveva portato nel Caucaso ben poca gioia e tanta rivoluzione, parafrasando gli Area, ma, di fronte all’Amore, come poteva importare qualcosa della rivoluzione a quella bambina già un po’ filosofa secondo cui “del bene e del male, felice chi ne capisce qualcosa” e poi a quell’adolescente riservata che “amava solo con passione”? Non è dunque un caso ma una conseguenza quasi… logica che, in età più matura, l’amore degli uomini non le sia più bastato e che il suo libro più efferato ed efficace, “Ho scelto l’oppio” (Magog, 2022, 15 euro), sia il diario di un’abietta che si è prefissa un obiettivo davvero ambizioso: quello di sedurre Dio. 

*I miei giorni nel Caucaso, di Banine , Neri Pozza, 2020, 19 euro

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Camilla Scarpa

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