La barbarie della vivisezione, il caso Green Hill

Le ragioni della scienza, la posizione degli attivisti, l'insegnamento della Chiesa

Sono trascorsi oltre undici anni da quando tutti gli organi d’informazione, della carta stampata e televisivi – grazie soprattutto a una video-inchiesta shock trasmessa il 28 ottobre del 2011 dal noto telegiornale satirico di Canale 5 “Striscia la Notizia” – diedero ampio risalto alla “storia” del cosiddetto canile degli orrori di Green Hill (termine inglese il cui significato in italiano è “Collina Verde”!). Ciò in un crescendo d’indignazione da parte dell’opinione pubblica, nazionale e non. In quel canile, situato a Montichiari (Brescia) – per il quale avrebbero fatto meglio a scegliere un aggettivo più consono: al posto di green quello di red, ossia “rosso”, come il colore del sangue! –  e che apparteneva alla multinazionale americana Marshall Farms Groups, azienda leader mondiale nel commercio di cani da laboratorio, erano allevati cani di razza beagle destinati appunto sia, in nome della ricerca scientifica, ai test di laboratorio che alle sperimentazioni dell’industria cosmetica.

Nel servizio trasmesso da “Striscia la Notizia” vennero mostrate le prime agghiaccianti immagini di tale canile-lager – termine più che appropriato, trattandosi di beagle (una razza di cani da caccia di taglia media, di origine inglese e piuttosto antica, di cui si ha notizia a partire dal XIII secolo, oggigiorno abbastanza diffusi come cani da compagnia ma anche i più “utilizzati” per la sperimentazione animale di laboratorio, a seguito del loro ottimo temperamento) destinati alla tortura – fra i “trattamenti” chirurgici più barbarici si parlò del taglio delle unghie, così da provocare dissanguamento, e delle corde vocali, nonché dell’asportazione di ghiandole specifiche – e, conseguentemente, alla morte certa. Le condizioni in cui erano allevati questi cagnolini, graziosi e molto socievoli, condannati a soffrire per l’intera loro esistenza poiché nati per morire, sono inenarrabili. Come avrebbe dimostrato il processo, rinchiusi in ambienti angusti, fetidamente odoranti, in assenza di aria e luce naturale, erano costretti a mangiare e dormire nel mezzo dei loro stessi escrementi. Secondo quanto documentato a suo tempo dall’OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione Animali), a Green Hill mediamente di questi cani beagle ve ne erano rinchiusi 3.000 e più o meno 250 esemplari ogni mese finivano fra le mani dei vivisettori. Si è calcolato che nel corso dell’intero 2011 ne fossero stati venduti come cavie oltre 2.500, “smistati” tanto in Italia quanto in altri Paesi europei e in Israele, fruttando una cifra di molto superiore a un milione di euro: un vero e proprio business legato alla vivisezione!

All’epoca, sia la televisione che vari siti su internet ebbero modo di mostrare veri e propri filmati e fotografie dell’orrore, a dimostrazione di quanto purtroppo a volte sia capace di fare la malvagità umana, mettendo così in condizione l’Italia intera di aprire gli occhi su tale vicenda vergognosa per il nostro Paese.

Proprio a Montichiari, il 28 aprile 2012 ebbe luogo una grande manifestazione con il fine di richiedere la chiusura di quell’allevamento-lager. Alcuni manifestanti riuscirono a forzare i controlli e a entrare nei capannoni, liberando decine di beagle, tra cui molte cagnoline gravide. Dodici di loro furono arrestati e rinviati a giudizio con l’accusa di furto.

Il mese successivo, più precisamente, martedì 8 maggio, in occasione della Giornata Mondiale contro la Vivisezione, vi furono manifestazioni su tutto il territorio nazionale a favore della chiusura di Green Hill, con numerosi presidi tenuti anche all’estero, nelle principali capitali, fuori da ambasciate e consolati italiani con il fine di dare un chiaro messaggio al mondo intero. Da quel giorno si mise in moto una macchina incredibile che il 18 luglio, sempre del 2012, portò a un grande e importante risultato: tutti i beagle di Green Hill furono posti sotto sequestro probatorio, con la LAV (Lega Anti Vivisezione) e Legambiente nominate custodi giudiziari dei cani. In pochissimi giorni 2.639 di essi furono portati in salvo, ai quali si aggiunsero decine di cucciolate nate dalle fattrici. Finalmente, il 21 settembre anche l’ultimo beagle lasciò l’allevamento: tutti liberi!

Sarebbe seguita una lunghissima vicenda giudiziaria, in primis, com’è ovvio, contro l’allevamento, col fine di tutelare gli animali destinati alla vivisezione. Il 29 marzo 2014 entrò in vigore il nuovo D.L. n. 26/2014 sulla sperimentazione animale. Pur se non portò alla fine della vivisezione, grazie a questa legge non sarebbe stato più possibile, in Italia, allevare cani, gatti e primati “da laboratorio”. L’allevamento di Green Hill venne condannato in tutti i tre gradi di giudizio.

La triste vicenda si sarebbe conclusa definitivamente il 4 marzo del 2020, allorquando la Corte d’Appello di Brescia assolse tutti gli attivisti che il 28 aprile 2012 avevano “rubato” i beagle, dando il via alla più consistente liberazione di animali destinati alla vivisezione mai vista.

 

La storia del canile-lager di Montichiari offrirebbe lo spunto, com’è facilmente comprensibile, per fare un’ampia disamina sulla “vivisezione” o “sperimentazione sugli animali” che dir si voglia, sui modi di come venga attuata, se sia effettivamente utile alla ricerca scientifica e se esistano delle valide alternative a essa in modo da proibirla definitivamente e su scala mondiale. Se avessi spazio e, soprattutto, maggior tempo a disposizione, farei tale disamina volentieri e a cuore aperto, anche in considerazione del fatto che sono un’animalista convinto, a stretto contatto, e fin da piccolo, con cani (ancora mi commuovo nel ricordare i “miei” due ultimi, Alex e Rachele) e gatti (Tommy, l’unico animale domestico al momento presente in casa), per i quali sempre ho nutrito e continuo a nutrire un profondo affetto “al limite” di quello umano. Solo desidero ricordare come gli esperimenti sugli animali siano sempre cruenti e la sofferenza sia sempre presente. Dal punto di vista etico, come ricorda la LAV (http://www.lav.it/),

 

«non può esserci alcuna giustificazione a questo massacro legalizzato. […] occorre capire che una scienza che faccia sua la massima “il fine giustifica i mezzi” è una scienza malata, che potrà così giustificare qualsiasi atrocità, sia sugli animali non umani che sull’uomo, pur di trovare un fine abbastanza elevato per il quale abbassarsi a mezzi meschini».

 

Tuttavia, ciò che mi preme sottolineare è come la Chiesa, diversamente da quel che molti commentatori scrivono o lasciano intendere fra le righe, non sia assolutamente “insensibile” nei confronti tanto degli animali in genere quanto di quelli destinati alla vivisezione. Nonostante vi siano stati, nel passato sia lontano che più o meno recente, degli attacchi contro i difensori dei diritti degli animali (e questo, in particolare, da parte dei gesuiti, definiti i nemici “storici” di tali diritti), occorre pur dire come la Chiesa Cattolica nel corso dei secoli abbia dimostrato di essere aperta a cambiamenti anche radicali, recependo l’imprescindibile necessità di adattarsi ai tempi. Non dimentichiamo, difatti, che oggigiorno – solo per citare alcuni esempi – Essa è contro la schiavitù e il razzismo, contro la tortura e la pena di morte, e ha assunto negli ultimi decenni una posizione di rispetto e dialogo nei confronti della cultura e della religione sia ebraiche che islamiche.

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (Articolo 7. Il Settimo Comandamento), al paragrafo Il rispetto dell’integrità della creazione,  possiamo leggere:

 

«2415 Il settimo comandamento esige il rispetto dell’integrità della creazione. […] L’uso delle risorse minerali, vegetali e animali dell’universo non può essere separato dal rispetto delle esigenze morali. La signoria sugli esseri inanimati e sugli altri viventi accordata dal Creatore all’uomo non è assoluta; deve misurarsi con la sollecitudine per la qualità della vita del prossimo, compresa quella delle generazioni future; esige un religioso rispetto dell’integrità della creazione. / 2416 Gli animali sono creature di Dio. Egli li circonda della sua provvida cura. Con la loro semplice esistenza lo benedicono e gli rendono gloria. Anche gli uomini devono essere benevoli verso di loro. Ci si ricorderà con quale delicatezza i santi, come san Francesco d’Assisi o san Filippo Neri, trattassero gli animali. / 2417 Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a sua immagine. […] Le sperimentazioni mediche e scientifiche sugli animali sono pratiche moralmente accettabili, se rimangono entro limiti ragionevoli e contribuiscono a curare o salvare vite umane. / 2418 È contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita. […]».

 

Brunello Natale De Cusatis

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