Il “Cristianesimo giovanneo” secondo Silvano Panunzio

La prima edizione dell'antologia fu realizzata nel 1989. Si tratta di una raccolta di saggi, per lo più usciti su due riviste di grande spessore teorico, L’Ultima, fondata a Firenze da Giovanni Papini e Feridinando Tirinnanzi, e Metapolitica, diretta dallo stesso autore

Cristianesimo Giovanneo

A parere di chi scrive, Silvano Panunzio va ascritto al novero dello sparuto drappello di pensatori che, nel corso del secolo XX, hanno tenuto accesa la fiaccola della Tradizione. Lo affermo, pur muovendo da posizioni assai diverse da quelle panunziane. Il suoi libri sono, comunque li si interpreti, miniere ricche di doni preziosi per lo spirito Il lettore può trovare conferma di tale affermazione, nella nuova edizione di uno dei libri di maggior pregio di quest’autore, Cristianesimo giovanneo. Luci di ierosofia, nelle librerie per i tipi di Arkeios (per ordini: 06/3235433, ordinipv@edizionimediterranee.net, pp. 200, euro 24,90). Il volume è arricchito dall’introduzione di Aldo La Fata.

   La prima edizione di Cristianesimo giovanneo fu realizzata nel 1989. Si tratta di una raccolta di saggi, per lo più usciti su due riviste di grande spessore teorico, L’Ultima, fondata a Firenze da Giovanni Papini e Feridinando Tirinnanzi, e Metapolitica, diretta dallo stesso autore. Il Nostro, figlio del filosofo Sergio Panunzio, rifondò nel 1946 il periodico sindacale e corporativo, Pagine libere. Dopo la scomparsa del pensatore, avvenuta nel 2010, sono state rieditate molte delle sue opere ed è uscita anche una biografia intellettuale, che ricostruisce le tappe principali del suo iter terreno e spirituale. Il volume che presentiamo, ha un ruolo di primo piano per la comprensione della proposta realizzativa del pensatore. Al suo centro sta la figura di Giovanni, nome che, stando all’etimologia ebraica, significa “Dio ha dato la grazia”. Giovanni, in queste pagine, non è presentato, sic et simpliciter, quale figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo, ovvero quale discepolo prediletto di Gesù. No, tale nome indica una corrente spirituale presente e viva nel cristianesimo.

  Panunzio ritiene che si sia sviluppata, sotto il profilo teologico, a muovere dalla patristica greca e che abbia avuto quali insigni rappresentati personaggi che, non casualmente, portavano il nome,  Giovanni: Scoto Eriugena, Pico della Mirandola, San Francesco (Giovanni, al momento del battesimo), san Bonaventura (Giovanni Fidanza), Giovanni XXIII. La Fata, correttamente, chiosa: «una comunità di anime elette che hanno operato all’interno del cristianesimo con lo scopo di custodirne e alimentarne la vera essenza spirituale» (p. 11). Non sia tratto in inganno il lettore, Panunzio non rinvia alla visione gnostica, secondo la quale sarebbe esistita una Chiesa giovannea, spirituale e segreta, contrapposta alla Chiesa storicamente presente nel mondo. Al contrario: «Essere giovannei […] per Panunzio significa affermare il primato e la centralità dello Spirito» (p. 112), senza abiurare la fede nella quale si è nati, senza deflettere dalla Tradizione. La fede cristiana per Panunzio non è, però, in sé sufficiente: rinvia a una dimensione che la eccede, a un grado di conoscenza più elevato, attinente all’ “intelletto d’amore”.

   Questo riferimento permette di comprendere la prossimità, ma anche la distanza del Nostro nei confronti di René Guénon. Non è casuale che il nome dell’esoterista francese compaia in esergo, assieme a quelli di Eugenio Zolli, Agostino Zanoni e Ubaldo Mondio, riconosciute guide spirituali di Panunzio. A differenza di Guénon, il pensatore italiano non ha fatto dell’ “intellezione pura” l’unico strumento atto a ricongiungerci al principio. Egli, infatti, in queste pagine, ma non solo, concede un ruolo centrale e ineguagliato alla figura di Gesù, ritenendolo: «l’unico essere vivente ad aver realizzato per davvero l’ipseità assoluta, l’identità suprema» (p. 12). Ciò permise al Cristo, dopo aver portato a termine la propria missione, di non venir semplicemente riassorbito nell’Uno: per questo, in quanto Persona, Egli risorse a nuova vita ed é sempre presente nell’Eucarestia. Tale il mistero di fede. Panunzio considerò la santità atta a condurre chi la realizzi, a un gradino superiore a quello cui può pervenire l’iniziato (da qui la svalutazione del ruolo della Massoneria, alla quale Guénon attribuiva una funzione significativa).

   Ciò non basta a qualificare i tratti che connotano il pensiero di Panunzio. Altro elemento essenziale è il particolare ecumenismo spirituale di cui le pagine di Cristainesimo giovanneo trasudano. A riguardo, non è casuale che nella sua Introduzione al volume, egli presenti minuziosamente le figure e le tappe realizzative degli “intermediari”, intellettuali e spirituali, che si sono adoperati per l’ incontro tra Oriente e Occidente. In sequela di tale congerie spirituale, a ragion veduta, Panunzio pone se stesso. La sua indefessa azione intellettuale fu consonante, per molti tratti, a quella di Daniélou, di De Lubac e di Balthasar, che agirono per: «resuscitare […] la gnosi cristianissima e niente affatto ereticale dei Padri greci» (p. 18). Sulla medesima linea di pensiero e contemplazione, tra gli altri, a fianco di Panunzio, si inserì Attilio Mordini. Costoro erano fermamente convinti che la Rivelazione del Logos non può riguardare solo alcuni uomini ma: «deve necessariamente appartenere a tutti» (p. 12). Il divino non può essere costretto in una forma data, definitiva, nella sua esclusività particolaristica. Da qui, la profonda e positiva considerazione che Panunzio ebbe dell’ecumenismo giovanneo che, proprio Giovanni XXIII, avrebbe voluto realizzare con il Concilio (dal che si evince la distanza della  posizione panunziana da quella del cattolicesimo tradizionalista). 

  Il cattolicesimo del pensatore, come mostrano le pagine di Cristianesimo giovanneo, è centrato sull’universalità della Rivelazione cristiana. Il libro testimonia, da un lato, proprio tale tratto universalista (ha suscitato interesse persino in chi scrive, che cristiano non è), dall’altro, dalle sue pagine, si evince l’identità di vita e pensiero incarnata dall’uomo Panunzio, la cui esperienza non è stata meramente intellettuale.

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Giovanni Sessa

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