Libri (di Giuseppe del Ninno). Stenio Solinas (da moltiplicare) per tre

Una foresta di pagine (1.600!) in cui ritrovare il godimento dello smarrimento

Mi trovo di fronte a un problema insolito, nel campo in cui si manifesta: quello dell’editoria. Non capita spesso, infatti, che in poche settimane – addirittura in pochi giorni – di un Autore escano ben tre volumi, di case editrici diverse. L’Autore è Stenio Solinas, i tre volumi sono – in ordine sparso – “Acquatica” (GOG), “Supervagamondo” (Settecolori), “Compagni di solitudine” (Bietti). A dire il vero, chi conosce Solinas sa che si tratta di tre ri-edizioni, sia pure riviste e ampliate; ma proprio questo aspetto facilita il compito di chi, come me, vuole parlarne (e dico “parlarne” perché una recensione organica ed esauriente dovrebbe essere quantitativamente proporzionata alla mole di quei tre tomi: complessivamente, oltre 1.600 pagine).

 

Il fatto è che l’operazione nel suo complesso s’identifica con l’autobiografia dell’Autore, dando però luogo – secondo la sua espressa dichiarazione – ad una contaminazione di generi: “Non volevo fare della saggistica pura e semplice, volevo una contaminazione di generi, una sorta di romanzo delle idee…”. Questa confessione si trova in una sorta di “premessa aggiornata” (“Vent’anni dopo”) al suo “Compagni di solitudine”, ma vale anche per gli altri due testi. E’ vero: tanto “Acquatica” che “Supervagamondo” – versioni aggiornate, l’abbiamo detto, rispettivamente di “Percorsi d’acqua” e di “Vagamondo” – potrebbero essere banalmente definiti taccuini di viaggio; ma non c’è bisogno d’essere lettori particolarmente acuti e provveduti per capire che attraverso la descrizioni di luoghi e di storie, di personaggi e di esperienze personali, Solinas traccia una mappa esistenziale fatta di sogni e delusioni, di gusti e di disgusti, di ammirazioni e ripulse. E di Autori, che furono Maestri e modelli inarrivabili, ma anche, per così dire, dinamiche boe segnaletiche della navigazione di Solinas, da Céline a Hemingway, da Morand a Chatwin, da Drieu La Rochelle a Malraux, fino a – perché no? – Perez-Reverte. E a proposito di quest’ultimo, si veda il piccolo, denso saggio contenuto nel richiamato aggiornamento “Vent’anni dopo” dove, a partire dall’Autore e dalla sua opera, viene mirabilmente sintetizzata la storia di Spagna.

 

Avrei potuto ammannirvi un elenco, sia pure solo esemplificativo – di titoli dei capitoli; ma anche limitandomi a quelli che mi hanno più “segnato” – ad esempio, “l’apologia del nuotatore” o i passi in cui illustra scorci dell’amata Parigi, avrei scritto qualcosa d’incompleto, insufficiente a dare un’idea del lavoro di Solinas. Del resto, non è un caso che la struttura portante di tutti e tre i volumi rimandi, dove più dove meno esplicitamente, al viaggio, qui più che altrove metafora della vita.

 

C’è un’indicazione che mi sento di regalare a chi si voglia avventurare in questa foresta di pagine, che offrono al lettore anche la possibilità di affrontarle, rimuginarle, rivederle capitolo per capitolo, argomento per argomento, anche a distanza di tempo, come avviene per ogni “livre de chevet”: smarritevi fra quelle pagine come fareste – da autentici viaggiatori – fra vicoli e piazzette di una città sconosciuta; fatevi sorprendere, come in una labirintica galleria di un castello misterioso, da questo o quel ritratto, da questa o quella storia di un avventuriero o di un dandy, di un poeta o di un soldato, di un aristocratico o di un intellettuale disorganico a qualsivoglia partito o potere (proprio come l’Autore). E non abbiate paura di perdere il filo: a guidarvi, fra l’altro, sarà lo stile di Solinas, con la sua inconfondibile profondità ed eleganza, con l’originalità che caratterizza ogni vero scrittore. Ma c’è di più: ad ogni pagina, avrete la vertiginosa sensazione di trovarvi al cospetto dell’ultimo dei Mohicani – titolo di un’altra, significativa opera di Solinas – con l’aggravante che, a differenza di quel superstite, il nostro non ha neppure una terra (e forse una tradizione) da difendere.

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Giuseppe Del Ninno

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