Il punto. E se la “vittoria” sull’Imu togliesse un’altra freccia proprio a Berlusconi?

«Imu abolita», esclamano in dissonanza Enrico Letta e Angelino Alfano. Il primo, con la fatica di chi ha dovuto ingoiare un rospo per rimanere al vertice dell’esecutivo. Il secondo, con l’entusiasmo di chi l’ha fatta franca anche stavolta. Fatto sta che l’imposta sulla prima casa – imposizione iniqua e antisociale – con la quale gli italiani avrebbero dovuto confrontarsi a breve non ci sarà. Sulla carta una vittoria del centrodestra, e di Silvio Berlusconi su tutti, dato che il tema è stato quello centrale dell’ultima campagna elettorale («Restituiremo i soldi del 2012», cosa che non avverrà) e la “regola d’ingaggio” dell’avventura della grande coalizione. E dal punto vista mediatico, di certo, il centrodestra ha goduto di un altro punto “dettato” all’agenda di governo.

Attenzione però. Perché l’annuncio non finisce qui: «Via l’Imu, arriva la “service tax”». Sarà questo, infatti, la nuova imposta comunale che dal prossimo inverno andrà a includere la Tares e, appunto, rappresenterà la nuova tassazione sui servizi che comprenderà tutti, anche i proprietari della prima casa. E non finisce qui. Perché tutto da scongiurare resta il capitolo Iva, il cui aumento di un punto – con tutte le ricadute che questo provocherebbe – non è ancora stato deciso. A voler essere un minimo malpensanti, insomma, sembra il vecchio gioco delle tre carte: una costante, se vogliamo, di questi mesi di larghe intese.

Ecco che allora la “vittoria” di Berlusconi di ieri va letta forse sotto un’altra ottica: in una chiave di logoramento nervoso dell’alleato-avversario. Perché non è un caso che l’abbassamento dei toni da parte del Cavaliere sulle sorti del governo sia arrivato proprio dopo il “lunedì nero” del titolo Mediaset in borsa. Da quel momento la strategia del leader del Pdl è cambiata: basta assecondare i falchi del partito – con il loro tamburellante sogno di elezioni – via al rientro nei ranghi lealisti. Segno questo – secondo molti – di un Cavaliere in qualche modo sotto ricatto dei “mercati” che mal digeriscono l’instabilità di governo.

Davanti a questo, Letta ha avuto l’occasione per blindare le larghe intese e depotenziare il suo “alleato” dell’argomento perfetto per la crisi. Il prezzo da pagare per il premier è stato cedere su un punto “sensibile” e potenzialmente esiziale per la tenuta del suo governo: quello sull’Imu. Ma lo ha fatto con capacità tutta democristiana: “superare l’Imu”, aveva detto. E una cosa del genere è avvenuta: arriverà un’altra tassa. Ma tanto dal 9 settembre – con la decisione della Giunta sull’accogliere la sentenza della Cassazione su Berlusconi – la partita si riapre. Solo che le carte da giocare per Berlusconi saranno sempre di meno.

@rapisardant

Antonio Rapisarda

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