Perché la serie “Gli Anelli del Potere” non può uniformare Tolkien al pensiero unico

In difesa dello scrittore anglosassone e dell’immaginario europeo, la riflessione di Bastien Frimas portavoce dell'Institut Iliade e saggista

Gli Anelli del Potere

Da qualche giorno dilaga la polemica: le critiche riguardanti Gli Anelli del Potere, la nuova serie di Amazon ispirata all’universo di J. R. R. Tolkien, sarebbero razziste. 20 minutes ha addirittura pubblicato un articolo sabato scorso, No, Amazon non ha “wokizzato” il Signore degli Anelli (https://www.20minutes.fr/arts-stars/culture/3348099-20220910-non-amazon-trahi-tolkien-integrant-personnes-couleur-casting-anneaux-pouvoir). L’Institut Iliade pour la longue mémoire européenne, che ha appena pubblicato Tolkien, l’Europa e la tradizione di Armand Berger, ci tiene a difendere e affermare la natura europea dell’opera dello scrittore inglese.


Tolkien era un grande europeo, impregnato dell’immaginario della nostra civiltà. Si ispirò alla mitologia germano-scandinava e finlandese così come al ciclo arturiano, di cui era un grande conoscitore. La sua ambizione, più volte evocata, fu quella di “creare una raccolta di leggende […] che potrei dedicare in tutta semplicità all’Inghilterra, al mio paese”. Sembra naturale pensare che, essendo la sua opera eminentemente europea, i suoi personaggi siano di tipo europeo, bianchi.

L’anima europea della Terra di Mezzo, una vecchia storia

Questo è uno dei motivi per cui la nuova serie di Amazon, un mediocre manifesto wokista con un cast che sembra una pubblicità per Benetton senza alcun riguardo per la dimensione specificamente europea dell’opera, suscita così tante critiche.

Interpellato da 20 minutes, Vincent Ferré, professore di letteratura comparata e specialista di Tolkien, corre in soccorso alla serie: “Si è spinto a cercare molto più lontano, verso mitologie e tradizioni diverse. Strizza persino l’occhio all’Iliade”. L’Iliade, questa grande epopea africana! Come dire che Tolkien immaginava la sua Terra di Mezzo come il Londonistan moderno…

Rimandiamo Vincent Ferré, che sostiene senza vergogna la distorsione woke dell’opera di Tolkien, a questo estratto di un’opera di riferimento pubblicata nel 2002: “È infatti al Vecchio Continente e al bacino del Mediterraneo che l’autore paragona l’ambientazione de Il Signore degli Anelli […] Tolkien presenta la Contea come una trasposizione dell’Inghilterra rurale […] La contrapposizione geografica tra la Terra di Mezzo e il nostro mondo dunque non regge più, e l’unica cosa che rimane è il divario temporale”. L’autore di queste righe non è altro che… Ferré in persona! La natura europea della Terra di Mezzo non sembrava disturbarlo all’epoca. È vero che nel 2002 il wokismo non aveva ancora provocato il caos nell’università occidentale.

Per annullare tutte le circonlocuzioni diversitarie, citiamo semplicemente Tolkien che nel 1958 scriveva: “La Contea, per esempio, [è] esplicitamente presentata come parte di questa regione [l’Europa] e “ho costruito […] un’epoca immaginaria, ma per quanto riguarda il luogo ho tenuto i piedi sulla mia terra materna”. Vincent Ferré dovrebbe saperlo: ha partecipato alla traduzione delle Lettere da cui è tratta questa citazione.

La colonizzazione dell’immaginario europeo

La verità cruda è che, in Tolkien come in tutta la letteratura europea fino agli anni 2000, quando l’etnia dei personaggi non è esplicitamente menzionata, significa che sono europei. Bianchi. E nessuna contorsione semantica o ideologica potrà cambiarlo.

Non rispettare un’opera è una scelta deliberata e quindi criticabile. Non è la prima volta. Nel 2018, la serie inglese Troy: Fall of a City faceva così interpretare Achille e Zeus da attori africani. La scusa? L’Iliade è un’opera di finzione, quindi tutto è permesso! Come per l’universo di Tolkien, insomma. E poco importa se Achille è esplicitamente descritto come biondo.

L’ideologia diversitaria va oltre: nel 2021, la serie britannica Anne Boleyn, basata sulla vita della seconda moglie di Enrico VIII, faceva interpretare la regina da un’attrice africana. In questo caso la scusa non era più la finzione, ma il desiderio di rappresentare la diversità sullo schermo. Si tratta solo di due altri esempi tra decine, che illustrano il rifiuto acquisito di rispettare la realtà storica o la coerenza etnica dell’universo artistico europeo. E questo è accettato solo in un senso.

Immaginiamo Nelson Mandela, Martin Luther King o Barack Obama interpretati da Ryan Gosling? O racconti tradizionali africani adattati con protagonisti bianchi? Ovviamente no. E, se ciò accadesse, che valanga di insulti riceverebbero i produttori colpevoli di questa “appropriazione culturale”! Ma per gli africani nella Terra di Mezzo, davanti alle mura di Troia o regnanti nell’Inghilterra del XVI secolo, nessun problema, nessuna appropriazione. Alla cultura europea, si può fare di tutto. Non esiste un “safe space” per i bianchi, nulla deve essere preservato dall’ideologia diversitaria.

Ciò che la controversia sulla serie di Amazon rivela è che una guerra è apertamente condotta contro la storia e la cultura degli europei. Il nostro immaginario viene deliberatamente colonizzato; nulla deve più appartenerci. Questa Grande Cancellazione accompagna e facilita la Grande Sostituzione: l’Africa agli africani, l’Asia agli asiatici, ma l’Europa a tutti. Abbiamo il diritto, e persino il dovere, di lottare per difenderci… Specialmente, non guardando l’eresia che è la serie Amazon.

da: https://www.valeursactuelles.com/culture/tribune-les-anneaux-de-pouvoir-sur-amazon-reponse-aux-wokistes-en-defense-de-tolkien-et-de-limaginaire-europeen

data: 12 settembre 2022 

*Bastien Frimas è portavoce dell’Institut Iliade e saggista. Ha pubblicato Il privilegio bianco. Chi vuole far la pelle agli Europei? con lo pseudonimo di Georges Guiscard, per le edizioni de La Nouvelle Librairie (il libro è proposto al lettore italiano da Passaggio al Bosco)

Bastien Frimas*

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