Gli Anelli del Potere: Tolkien alla prova di Amazon prime

"Il male non può creare nulla, può solo corrompere e distruggere ciò che le forze del Bene hanno inventato o creato"

L’Anello del potere

Siamo qui nel cuore del reattore del “Grand Remplacement” (La Grande Sostituzione). Non nel senso di qualche complotto o sconvolgimento demografico, ma nel senso stretto di Renaud Camus come utilizzato nei suoi libri

“Il male non può creare nulla, può solo corrompere e distruggere ciò che le forze del Bene hanno inventato o creato”

Questa citazione è stata ripetuta più e più volte da migliaia di fan dell’opera di Tolkien sui social network non appena è stato pubblicato il trailer della nuova serie di Amazon, “Gli Anelli del Potere”, prevista per il 2 settembre 2022. Il problema è il disagio di molti fan nei confronti di quella che considerano un’interpretazione woke e al ribasso de “Il Signore degli Anelli”. Le accuse sono innumerevoli: un cast che lascia ampio spazio alla diversità etnica; personaggi maschili meno virili mentre le donne dotate di carattere sono messe in evidenza; un’estetica giudicata da alcuni di qualità inferiore a quella creata da Peter Jackson nella sua trilogia e che ricorda più il ciclo di “Narnia”.

I creatori di questa nuova serie si sono inoltre giustificati sulla scelta degli attori: da un lato, la serie dovrebbe riflettere “il mondo di oggi”; dall’altro, l’opera di Tolkien descriverebbe uno scontro tra il Bene e il Male dove tutte le razze cooperano per far trionfare il Bene. Una tale superficialità non può che affliggere coloro che sono appassionati e conoscitori di questo complesso universo.

Amazon, l’arma di guerra dell’ideologia diversitaria

Un rapido sguardo alla natura dell’azienda Amazon può offrire qualche spiegazione. Che un’azienda globalizzata che nasconde i suoi colossali profitti nei paradisi fiscali e crea posti di lavoro sottopagati e disumanizzanti in Francia a spese dei librai diffonda l’ideologia diversitaria americana nelle sue serie non dovrebbe sorprendere nessuno. Fondazione di Isaac Asimov, un pilastro della fantascienza, ne ha già pagato il prezzo.

Siamo qui nel cuore del reattore del “Grand Remplacement” (La Grande Sostituzione). Non nel senso di qualche complotto o sconvolgimento demografico, ma nel senso stretto di Renaud Camus come utilizzato nei suoi libri. Il “sostituzionismo globale” è questo grande sradicamento del mondo, fluidificato, spogliato dei suoi bordi ruvidi che sono i patrimoni ancestrali e le identità nazionali e locali. In questa visione, l’essere umano non diventerebbe altro che “materia umana indifferenziata”, intercambiabile e senza legami di qualsiasi sorta.

Il “falsario” camusiano è quel surrogato di realtà che sostituisce ciò che è esistito: dai McDonald’s ai ristoranti, dai food markets ai mercati popolari, e dalla serie diversitaria all’immaginario europeo. Introdurre attori di origine africana o di etnia mista per interpretare personaggi dei miti ancestrali celtici e germanici è allora possibile: secondo la comunicazione ufficiale della serie, l’universo di Tolkien è pura finzione e la serie deve riflettere la società (americana) attuale. La BBC ha fatto ritrarre Achille da un attore nero. I decostruiti decostruiscono e riscrivono la storia, la confiscano e la semplificano a un livello in cui le parole non hanno più senso.

Tolkien, un’opera profondamente europea

In realtà, l’opera di Tolkien, radicata nei miti germanici e celtici, è profondamente europea, persino indoeuropea. Studi comparativi mostrano che molti miti ripresi e rielaborati da Tolkien risalgono all’età del bronzo: gli anelli del potere, i nani fabbri, il ritorno di un re nascosto, per citare alcuni esempi.

Un articolo scritto nel 1979 da Georges Dumézil offre alcune intuizioni molto utili sull’opera di Tolkien. Intitolato “Gli oggetti trifunzionali nei miti indoeuropei e nei racconti”, è ora incluso in Myths and Gods of Ancient Scandinavia. Chi ha portato alla luce la trifunzionalità della società presso i primi indoeuropei e i loro discendenti ha proseguito la sua riflessione sugli oggetti trifunzionali appartenenti agli dei o agli eroi archetipici nei miti e nei racconti.

Secondo questa tesi, la società può sopravvivere solo nell’armonia di tre funzioni gerarchiche ben separate: in primo luogo, il potere magico e giuridico, poi la forza fisica e infine la fertilità in senso lato, incarnate sia dai pantheon divini che dagli eroi epici, ma anche dagli oggetti magici. Ma se questi oggetti magici sono puramente aneddotici nel materiale mitologico, essi sono oggetto delle loro stesse avventure nei racconti popolari. L’oggetto della funzione abbondanza può essere un anello magico che fornisce ricchezza (gli anelli del potere forgiati da Sauron), quello della funzione guerriera un bastone o una spada che riversa interi battaglioni (la spada Anduril d’Aragorn che gli permette di chiamare in soccorso l’Esercito dei Morti) e quello della funzione magica è più vario: un mantello di invisibilità, un cappello magico o un anello magico tra gli altri. L’Anello unico sembra riunire tutte e tre le funzioni in un solo oggetto, da qui la necessità della sua distruzione. Secondo Dumézil, schemi ricorrenti mettono in scena nei racconti i tre poteri attraverso oggetti associati, che sono identificabili nell’opera di Tolkien. Una delle morali che emerge è questa: quando l’oggetto della terza funzione diventa troppo importante, danneggia l’oggetto della funzione magica (che corrisponde al sacro, la casta sacerdotale) e l’equilibrio deve essere ripristinato con la forza (seconda funzione). Il profitto come massimo obiettivo di una società porta alla desacralizzazione e al conseguente disordine, prima di un necessario recupero. Basta una favola per capire cosa Amazon ha inflitto a Tolkien.

C’è ancora speranza. L’opera di Tolkien ha permesso di far rivivere su vasta scala miti appartenenti alla lunga memoria europea e la sua aura non è destinata a scomparire. L’ingresso dell’opera di Tolkien nel pubblico dominio porterà rapidamente a una fioritura di opere di narrativa tratte dai libri, e possiamo aspettarci sia il peggio che il meglio. In cantiere per il 2024 c’è La guerra dei Rohirrim, un film d’animazione diretto da un giapponese per la Warner Bros, che ha suscitato l’entusiasmo di Peter Jackson (che è rimasto in silenzio sulla serie). Aspettiamo e vediamo, dunque…

Da: https://institut-iliade.com/the-rings-of-power-amazon/

@barbadilloit

Istituto Iliade Parigi

Istituto Iliade Parigi su Barbadillo.it

Exit mobile version