Per un ritorno alla natura contro consumismo e finto-ambientalismo

Sandro Marano firma la prefazione di un libro dedicato a Gary Snyder, Premio Pulitzer per la poesia 1975. Uno scritto che è un omaggio a un uomo e a una visione del mondo

Gary Snyder

dalla prefazione di Sandro Marano a L’isola di Gary (AA.VV., pp. 116, Opera Indomita, 2021, a cura di Maria Pia Latorre)

«(…) siamo ormai circondati da una tale quantità di oggetti artificiali e ritrovati e invenzioni che l’uomo si trova ad aver perso del tutto il contatto con la realtà naturale. Il paesaggio artificiale si sovrappone a quello naturale, la tecnosfera ha ormai il sopravvento sulla biosfera. Quanti di noi, ad esempio, recandosi in un supermercato si rendono ancora conto che mangiare, come direbbe l’ecologista Wendell Berry, è un atto agricolo? Le persone per lo più «comprano ciò che desiderano, o che sono state convinte a desiderare […]. Pagano il prezzo richiesto, di solito senza protestare. E di solito ignorano alcune domande critiche riguardanti la qualità e il costo di ciò che comprano. Quant’è fresco quell’alimento? Fino a che punto è puro e privo di sostanze chimiche nocive? Quanti chilometri ha percorso dal luogo di produzione?»
D’altra parte, la tecnica non ci dona di per sé la felicità, né può donarcela. Se è vero che non c’è uomo né civiltà senza tecnica, è anche vero che la tecnica varia storicamente e dipende sempre dall’idea di benessere che si ha: «evidentemente il mondo è diverso per un commerciante e per un poeta. Dove questi si placa quello nuota a volontà; ciò che ripugna al primo, rallegra il secondo» (Ortega y Gasset). (…)
La scienza e le sue applicazioni tecnologiche non sono in grado di determinare il contenuto della vita, non ci dicono se è bene bombardare una città o far fiorire il deserto. Chi decide che cos’è veramente necessario all’uomo, come diceva Gesù a Marta e Maria? La tecnica non può dirlo. Né tutto ciò che è tecnicamente possibile è desiderabile ecologicamente o giustificabile eticamente. (…)
In questo contesto si situa a partire dagli anni ’70 del secolo scorso la nascita e la risposta alla crisi dell’ecologia profonda, il filone più radicale dell’ecologismo e, a nostro avviso, l’unica corrente di pensiero all’altezza dei tempi.
Le origini del movimento si fanno risalire al 1973 quando il filosofo norvegese Arne Naess distinse in un famoso articolo due forme di ecologia: quella superficiale (oggi, per inciso, la più diffusa) attenta a limitare i danni dell’inquinamento e a cercare di risolvere il problema dell’esaurimento delle risorse, ma senza mai mettere in discussione i pilastri del sistema: l’antropocentrismo, il materialismo, quell’idea di progresso, che sul piano economico si traduce nel concetto di crescita; e l’ecologia profonda che invece vuol mettere in discussione quei fondamenti, propone una visione biocentrica, organica, tendenzialmente spiritualista, valorizzando tutte le forme di vita e la biodiversità e auspicando un cambiamento profondo del paradigma dominante, che tenda verso l’equilibrio ecologico e non verso la crescita. Se per l’ecologia superficiale la soluzione della crisi ambientale si riduce ad una soluzione tecnica, per l’ecologia profonda si lega invece ad un cambiamento di mentalità, è una questione di civiltà.
Tra gli autori dell’ecologia profonda un posto di rilievo spetta al poeta americano Gary Snyder, vincitore del premio Pulitzer per la poesia nel 1975. Snyder ben rappresenta l’aspetto letterario, poetico, di grande forza evocativa del movimento.

Sandro Marano

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