Giacomo Prampolini, storico della letteratura e traduttore dal portoghese\1

La lusitanistica ha un debito importante con il genio che divenne pioniere della diffusione in Italia delle opere luso-brasiliane

I primi segnali di un certo interesse registratisi in Italia per la letteratura portoghese risalgono al secolo XVII. In particolare, allorquando, nel 1658, il proconsole genovese a Lisbona Carlo Antonio Paggi tradusse in italiano, in ottava rima, Os Lusíadas, il celebre poema epico di Luís de Camões [cfr. PAGGI, 1658]. Il volume, pubblicato a Lisbona, ebbe un notevole successo, tanto da essere ristampato, in una nuova edizione emendata, l’anno successivo, nel 1659. Notevole successo non solo in loco – dove, segnatamente a Lisbona, quello italiano era allora il più numeroso fra i nuclei coloniali stranieri presenti – ma anche in Italia.

A distanza di poco più di un secolo, nel 1772, apparve a Torino una seconda traduzione, sempre in ottava rima, del poema camoniano. Di autore anonimo, anche se in realtà, come si sarebbe di lì a poco appurato, opera del letterato piemontese Michele Antonio Gazano [cfr. GAZANO, 1772].

Sempre nel corso del Settecento furono anche tradotti alcuni sonetti di Camões: dall’umanista veronese Giulio Cesare Becelli, che tradusse, inserendoli nella sua antologia Della novella poesia (Verona, 1732), i sonetti Alma minha gentil que te partiste e Sete anos de pastor Jacob servia, e dal gesuita catalano D. Juan Francisco de Masdeu, il quale, nella sua opera in due volumi Poesie di ventidue autori spagnuoli del Cinquecento…(Roma, 1786), introdusse le traduzioni di quattro sonetti camoniani, con in più la versione, in endecasillabi sciolti, di alcune strofe de Os Lusíadas [cfr. MARTINS, 1975: 110 e 112].

Tuttavia, per le traduzioni italiane su larga scala delle Rimas di Camões si sarebbe dovuto attendere la seconda metà dell’Ottocento; allorquando si sarebbero andate moltiplicando anche le edizioni del suo poema epico [cfr. IBIDEM: 119-126].

Il nome di Luís de Camões avrebbe iniziato a circolare in tutti gli ambienti letterari italiani del tempo, anche grazie all’intermediazione di molte opere – che del poeta portoghese parlavano – di autori stranieri, i quali ebbero fama e lettori in Italia, come George Byron, Ludwig Tieck, Elizabeth Browning e J. Madame de Gauthier, autrice, peraltro, di un romanzo dal titolo Les Amours de Camões [cfr. AVERINI, 1979: 9, nota 5].

Il grande Camões – il «Virgilio» del Portogallo, secondo la designazione di Gazano  – sarebbe qui da noi divenuto, in breve tempo, talmente popolare da apparire, come semplice personaggio o primo protagonista, sia in alcune opere liriche – è il caso, ad esempio, del Don Sebastiano (in francese, Dom Sébastienne), con libretto di Augustin Eugène Scribe e musica di Gaetano  Donizetti, opera messa in scena per la prima volta a Parigi, nel 1843, e successivamente rappresentata in altre capitali europee, quali Vienna, Lisbona e Milano – sia in alcune novelle in versi e in alcuni romanzi [LOC. CIT.].

Grazie soprattutto a questo grande interesse per Camões, si sarebbe registrata in Italia, a partire dalla fine dell’Ottocento, una sorprendente fioritura di lusitanisti o, più in generale, di lusofili. Non solo semplici letterati, poeti e scrittori, ma anche accademici di chiara fama, come Arturo Farinelli [cfr. FARINELLI, 1940: 199-218] (1), Giulio Bertoni (2) ed Emilio Teza (3). Quanto ai molti altri, citerò tre nomi, di certo i più importanti in campo traduttivo: Prospero Peragallo, poeta e celebre iberista, che tradusse, tra il 1885 e il 1904, varie strofe de Os Lusíadas e alcune liriche di Camões [cfr. MARTINS, 1975: 121-127], collaborando tra l’altro ad alcune riviste portoghesi dell’epoca; Antonio Padula, critico napoletano e camoniano di fama, nonché fondatore a Napoli della Società scientifico-artistico-letteraria Luigi Camoens [cfr. IBIDEM: 127]; Tommaso Cannizzaro, poeta e scrittore messinese, forse il maggiore lusofilo e lusitanista italiano del tempo, non solo per aver tradotto, in un volume memorabile, tutti i quattrocentotré sonetti che, all’epoca, la tradizione attribuiva a Camões, accompagnati da note interpretative e filologiche [cfr. CAMÕES, 1913], ma anche per aver fatto conoscere, per primo in Italia, un autore dell’importanza di Antero de Quental, traducendo, nel 1898, i suoi celebri Sonetos Completos [cfr. QUENTAL, 1898].

In sostanza, Camões fece da battistrada, in Italia, a tutta una serie di rappresentanti altrettanto insigni delle lettere lusitane e, per diretta assimilazione, brasiliane, le cui opere iniziarono a circolare e, in parte, a essere tradotte. Più spesso in edizioni parziali, inserite in antologie (è il caso dei tre volumi antologici di Giacomo Prampolini, specificatamente del III, in cui trova posto la sezione dei testi portoghesi) [cfr. PRAMPOLINI, 1974: III, 311-339] o in riviste e giornali, ma anche in edizioni complete – è il caso di alcuni romanzi di Eça de Queirós, di cui uno tradotto dallo stesso Prampolini [cfr. QUEIRÓS, 1935].

 

Quanto specificamente a Giacomo Prampolini (4), è indubbio che gli studi di lusitanistica in Italia e, più in generale, quelli inerenti alle letterature di espressione portoghese – visto che nel volume VII della sua Storia Universale della Letteratura dedica una ventina di pagine al Brasile [cfr. PRAMPOLINI, 1959-1961: VII, 140-161] – hanno contratto un sicuro debito, in termini di riconoscenza, sia con il traduttore sia con il critico. Prampolini apparteneva alla generazione successiva a quella cui appartenevano i letterati e studiosi prima citati. Ciò non toglie, tuttavia, come anch’egli possa essere annoverato tra i pionieri della diffusione in Italia delle letterature portoghese e brasiliana. Con un merito ulteriore, quello di essere stato il primo, e già negli anni trenta, a storicizzarle. Lo testimoniano le circa centocinquanta pagine dedicate loro nella sua Storia letteraria [cfr. IBIDEM: IV, 29-72; VI, 94-148; VII, 140-161] – e in questo numero di pagine includo anche quelle inerenti alla poetica galego-portoghese, inserite nella sezione Le letterature francesi e iberiche del Medioevo [cfr. IBIDEM: III, 427-565 (532-555)], nonché le trenta pagine di testi portoghesi contenute, come già ricordato, nella sua antologia della Letteratura Universale [cfr. IDEM, 1974: III, 311-339, nota 14].

Nella prefazione ai suoi tre volumi antologici lo scrittore e critico milanese scrive:

 

«Ogni traduzione è fatalmente un’approssimazione; perciò spesso, nella scelta dei testi, al mero pregio formale si è preferito il significato culturale, documentario» [IBIDEM: I, 5].

 

Attenendosi a tale premessa, Prampolini inserisce nella sezione dedicata alla Letteratura portoghese, e cronologicamente, tutta una serie di testi che abbracciano il periodo compreso tra il XIV e il XIX secolo [cfr. IBIDEM: III, 311-339]. Escluderà, da questa sezione, la produzione lirica galego-portoghese – ossia il XII e il XIII secolo –, da lui antologizzata altrove, precisamente nelle pagine dedicate alla Letteratura galega, e con il sottotilo «Cantigas d’amigo» [cfr. IBIDEM, IDEM: 306-311 (306-309)]. E questo perché, a suo dire, tale produzione, derivata in parte dalla lirica dei trovatori provenzali, «ebbe la sua culla nella Galicia, cioè un territorio che non appartenne mai al regno di Portogallo» [IDEM, 1959-1961: IV, 29].

Un’opinione, quest’ultima, solo per certi versi corrispondente al vero. Ma che a sua volta non giustifica, in modo assoluto, un’affermazione che mi pare quanto meno affrettata o poco meditata da parte del critico milanese, allorquando scrive che «la letteratura portoghese ebbe inizio nel secolo XIV» [IDEM, 1974: III, 206].

Un’affermazione facilmente confutabile. Basti solo pensare che il Portogallo si rese con Alfonso Henriques [Alfonso I di Borgogna (1109 ca.-1185)] indipendente come regno dalla Castiglia nel lontanissimo 1139, e che la cosiddetta lingua romanza d’occidente, altrimenti denominata galego-portoghese, abbracciava sia prima sia dopo quella data, appunto il 1139, tanto la Galizia quanto il Portogallo, i cui confini allora corrispondevano a quelli della Contea Portucalense, territorio delimitato approssimativamente a nord dal Minho e a sud dal Tago. Inoltre, tutti i canzonieri iberici di fine Duecento e del Trecento – primo tra tutti il Cancioneiro da Ajuda, il più antico, probabilmente compilato alla corte di Alfonso X, il Saggio, intorno alla fine del secolo XIII, ma anche il Cancioneiro da Biblioteca Nacional (antico Colocci-Brancuti) e il Cancioneiro da Vaticana, entrambi copie realizzate in Italia durante il secolo XVI sulla base di una compilazione risalente quasi certamente alla metà del Trecento – contengono liriche, le cosiddette cantigas, in origine trasmesse per via orale e tutte in galego-portoghese, moltissime delle quali opera di poeti portoghesi contemporanei di Alfonso III di Borgogna (1210 ca.-1279), ma anche anteriori, e di Dionigi di Borgogna (1261-1325), egli stesso poeta, il massimo poeta medievale portoghese, quando non proprio iberico (5).

Un errore per certi versi veniale questo di Giacomo Prampolini, la cui scelta di antologizzare la letteratura portoghese partendo dalla seconda metà del Trecento è stata dettata, probabilmente, da un puro criterio di sistematizzazione, sempre necessario in ambito storico-letterario, e che non inficia minimamente la grandissima serietà e competenza dello studioso poliglotta milanese.

La sezione antologica portoghese principia con due brani estrapolati da altrettanti romances tradizionali della seconda metà del Trecento (6), Il conte Ninho [O conde Ninho], di contenuto novellistico, e La mattina di S. Giovanni [Na manhã de S. João], di contenuto religioso, entrambi tradotti da Prampolini servendosi di una versione di Vinhais, cittadina della regione portoghese di Trás-os-Montes.

A seguire, vi è la traduzione di un brano del trattato filosofico-morale Il leale consigliere [O leal conselheiro], composto tra il 1437 e il 1438 dal sovrano portoghese Edoardo I di Avis (1391-1438). Il brano, che corrisponde al capitolo XVIII del trattato, s’intitola Intorno alla guerra contro i Mori [Da guerra contra os Mouros].

Come esempio di storiografia portoghese quattrocentesca, Prampolini opta per la traduzione di un breve brano tratto dalla Cronaca della presa di Ceuta [Crónica da tomada de Ceuta] di Gomes Eanes de Zurara (1420 ca.-1474 ca.). Una scelta rispettabilissima, ma che causa una certa sorpresa in quanto è tenuto fuori il maggiore storiografo portoghese dell’epoca, quel Fernão Lopes (1390 ca.-1460 ca.) che lo stesso Prampolini, nella sua Storia universale della letteratura, aveva definito di molto superiore a Zurara, in termini sia stilistici («plasticità della sua prosa» e «lingua gustosamente arcaica e popolare») sia emotivi («la forza evocativa … nel dipingere quadri di mare» e il «ritrarre le sofferenze e le inquietudini del popolo») [IDEM, 1959-1961: IV, 41].

Seguono, poi, i tre rappresentanti maggiori, insieme con Camões, della letteratura portoghese del secolo XVI: Gil Vicente (1465-1536 ca.), il fondatore del teatro letterario in Portogallo, presente nell’antologia con la traduzione della parte iniziale della farsa versificata Chi ha crusca (da vendere)? [Quem tem farelos?]; Bernardim Ribeiro (1482 ca.-1552 ca.), presente con la sua opera più celebre, Bimba e piccina [Menina e moça], un romanzo sentimentale, pubblicato per la prima volta postumo a Ferrara nel 1554, con il titolo Saudades, e di cui Prampolini traduce l’inizio del «Monólogo da menina» e tutti i sessantasei versi ottonari del «romance de “Avalor”»; Francisco de Sá de Miranda (1481-1558) – l’introduttore in Portogallo della cosiddetta medida nova, ossia dei metri (in particolare il decasillabo, corrispondente al nostro endecasillabo) e degli schemi (il sonetto, la canzone e l’ottava) della lirica italiana –, di cui compaiono, sempre nell’antologia, le traduzioni di tre cantigas e di un sonetto, tra i suoi più famosi, scritto in morte della moglie.

Degli altri rappresentanti del secolo d’oro portoghese, appunto il Cinquecento, trovano posto nell’antologia, in sequenza, João de Barros, Fernão Mendes Pinto, l’immancabile Luís de Camões e Diogo do Couto, la cui produzione occupa anche parte del secolo successivo, per essere morto nel 1616.

Di João de Barros (1497-1562), celebre umanista e storiografo, nonché ispiratore con le sue cronache – come nota perspicacemente lo stesso Prampolini [cfr. IDEM, 1974: III, 323] – di molti episodi de Os Lusíadas, compare tradotto gran parte del capitolo VI del libro IV (e non I, come erroneamente riportato in nota nell’antologia) [cfr. IBIDEM, IDEM: 321, nota 2] della I delle quattro Decadi dell’Asia [Décadas da Ásia], un’opera che avrebbe dovuto far parte, secondo un progetto elaborato da Barros, di una monumentale enciclopedia geografico-storico-economica volta a raccontare, in particolare, le conquiste del Portogallo nei quattro continenti, Europa, Africa, Asia e Santa Cruz (l’odierno Brasile).

Della celebre Peregrinazione [Peregrinação], pubblicata postuma nel 1614, di Fernão Mendes Pinto (1509 ca.-1583) – il più famoso libro di viaggi del Cinquecento portoghese e tra i più interessanti della letteratura odeporica mondiale, e che è sostanzialmente un’affascinante e spesso romanzata autobiografia dell’autore sulle sue esperienze di soldato, avventuriero e schiavo nel lontano Oriente tra il 1537 e il 1558 –, Giacomo Prampolini traduce parte dei capitoli XXVII e XXVIII, che raccontano un’avventura vissuta nei mari dell’Indonesia dallo stesso Mendes Pinto e da due suoi compagni.

Di Luís de Camões (1524 ca.-1580) compaiono due cantigas – una, la prima, rivolta a una bella signora che mentre prega fa strage di cuori; l’altra, rivolta a una schiava, la leggendaria Barbara, di cui il poeta s’innamorò in Oriente – e due sonetti tra i suoi più celebri, Cambiano i tempi, cambiano le voglie [Mudam-se os tempos, mudam-se as vontades] e Anima mia gentile che ti dipartisti [Alma minha gentil que te partiste].

Quanto a Diogo do Couto (1542-1616), soldato, mercante e storiografo, continuatore delle Décadas di João de Barros, Prampolini traduce un brano estratto dalla sua opera più famosa, il Dialogo del soldato veterano [Diálogo do soldado prático], un autentico libello accusatorio contro gli abusi e la corruzione dell’amministrazione portoghese in Oriente, composta a Goa nel 1612, ma solo pubblicata postuma nel 1790.

 

Note

(1) Di Arturo Farinelli occorre ricordare la sua fondamentale opera per gli studi odeporici in terra iberica: Viajes por España y Portugal. Desde la Edad Media hasta el siglo XX. Nuevas y antiguas divagaciones bibliográficas, 4 tomi [I-II, Roma, Reale Accademia d’Italia, 1942; III, Firenze, Accademia d’Italia, 1944; IV (postumo), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei].

(2) Giulio Bertoni è autore di vari studi critici sulla letteratura portoghese, con particolare attenzione alle cantigas medievali nonché al poema epico camoniano [cfr. BERTONI, 1940].

(3) Emilio Teza, filologo e indianista nonché direttore, all’epoca, della Biblioteca Marciana di Venezia, oltreché traduttore dal portoghese – tradusse alcuni sonetti di Antero de Quental – è autore, tra i vari studi critici dedicati alla letteratura e alla lingua portoghesi, di un interessante, seppur breve, studio di 10 pagine sul portoghese dell’isola di Ceylon (l’attuale Sri Lanka) [cfr. TEZA, 1872].

(4) Giacomo Prampolini (Milano 1898 – Pisa 1975), docente universitario di filologia germanica, poeta e saggista, eccezionale conoscitore di lingue e letterature sia moderne che antiche, è universalmente ritenuto uno dei massimi studiosi poliglotti italiani [cfr. ADORNO, 1974: II, 400]. Risulta importante segnalare come a Giacomo Prampolini la bellissima cittadina medievale di Spello (PG), dove l’insigne letterato e accademico visse per molti anni, gli abbia intitolato la sua nuova biblioteca comunale, ubicata nell’Oratorio di San Jacopo, all’interno dell’ex Collegio Vitale Rosi, e inaugurata ufficialmente il 22 dicembre del 2007, alla presenza dell’allora ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni.

(5) Quanto alle cantigas, esse si distinguono, in base all’argomento e alla struttura metrica, in tre generi: cantigas de amor – quelle che maggiormente risentono degli influssi della lirica provenzale; cantigas de amigo – in cui è la donna che parla in prima persona, una caratteristica che ne fa un genere prettamente autoctono; cantigas de escárnio e maldizer – ossia, letteralmente, «di scherno e calunnia», e il cui contenuto è satirico.

(6) Ricordo che i romances, conforme l’affermazione di Ramón Menendéz Pidal, sono un prolungamento dell’epica medievale iberica, per essere la loro origine dovuta alla frammentazione delle cosiddette canzoni di gesta.

 

(continua)

 

Bibliografia di riferimento

– AA. VV., 1940. Relazioni storiche fra l’Italia e il Portogallo. Memorie e documenti. Reale Accademia d’Italia, Roma.

– ADORNO, Francesco et ali, 1974. Dizionario generale degli autori italiani contemporanei. Valecchi, Firenze, 2 voll.

– AVERINI, Riccardo, 1979. Premessa. In Luís de Camões, Rime. Scelte, tradotte e commentate da Riccardo Averini. «Estudos Italianos em Portugal», 41 (Numero speciale pubblicato in occasione del Quarto Centenario della morte di Luís de Camões), Lisbona.

– BERTONI, Giulio, 1940. Introduzione allo studio dei Lusiadi. In AA. VV., 1940, cit.: 187-197.

– CAMÕES, Luís de, 1913. I sonetti. Versione italiana di Tommaso Cannizzaro. Gius. Laterza e Figli, Bari.

– FARINELLI, Arturo, 1940. Camões e i poeti d’Italia. In AA. VV., 1940, cit.: 199-218.

– GAZANO, Michele Antonio, 1772. La Lusiade, o sia la scoperta delle Indie Orientali fatta da’ Portoghesi di Luigi de Camoens, chiamato per la sua eccellenza il Virgilio di Portogallo, scritta da esso celebre autore nella sua lingua naturale in ottava rima, ed ora nello stesso metro tradotta in italiano da N. N. Piemontese, insieme con un ristretto della vita del medesimo autore, e con gli argomenti aggiunti al poema da Gianfrancesco Barreto. Fratelli Reycends Libraj, Torino.

– MARTINS, José V. de Pina et ali, 1975, (catalogo a cura di). Camões e il Rinascimento italiano. Mostra bibliografica. Accademia Nazionale dei Lincei / Fundação Calouste Gulbenkian / Instituto de Alta Cultura, Roma.

– PAGGI, Antonio, 1658. Lusiada italiana di Carlo Antonio Paggi nobile genovese. Poema eroico del grande Luigi de Camões Portoghese Prencipe de’ Poeti delle Spagne…. Henrico Valente de Oliveira, Lisbona.

– PRAMPOLINI, Giacomo, 1959-1961 (3ª ed.). Storia universale della letteratura. Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 7 voll.

– PRAMPOLINI, Giacomo, 1974. Letteratura universale. Antologia di testi. Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 3 voll.

– QUEIRÓS, Eça de, 1935 (2ª ed. 1945; 3ª ed. 1969). La colpa del prete Amaro [tit. orig.: O Crime do Padre Amaro]. Traduzione di Giacomo Prampolini. Editore Mondadori, Milano.

– QUENTAL, Antero de, 1898. Sonetti Completi. Prima versione italiana pubblicata dall’autore di Fiori d’oltralpe [Tommaso Cannizzaro], eseguite dallo stesso e da Giuseppe Zupponi Strani, corredate dall’editore di notizie biografiche, bibliografiche e genealogiche; di lettere inedite ed altri scritti dell’autore e di uno studio di J. P. de Oliveira Martins. Tipi dell’Editore, Messina.

– TEZA, Emilio, 1872. Indoportoghese. Estratto de «Il Propugnatore. Studi Filologici, Storici e Bibliografici», vol. V.

 

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