Il punto. Perché non possiamo non dirci gentiliani oggi?

E siamo con il filosofo Giovanni Gentile in quanto, nelle aule,  insegniamo che il progetto esiste se rimane come “un dire che si decide al fare”

Giovanni Gentile

E lasciamo per un attimo le ansie della Storia. Guardiamo dentro la filosofia di Giovanni Gentile con gli occhi dei nostri giorni. L’occasione è offerta dalla rinnovata attenzione sul pensatore dell’Attualismo. Su  ‘Il Giornale’, pochi giorni fa, Francesco Perfetti è tornato a riflettere sui rapporti tra il filosofo e il Regime. In più, Mimmo Franzinelli, con Mondadori, di recente firma un saggio (‘Il filosofo in camicia nera’) per evidenziare il Gentile uomo di potere,  tra  protagonismo e opportunismo. Tuttavia, è proprio l’impostazione storico-morale che ci allontana dalla ricerca delle idee, dalla vivacità delle idee.

Se ne accorse Emanuele Severino quando, dall’alto del suo magistero, disse: Signori, mettetevelo in testa, la voce di Gentile va oltre ogni principio di Fascismo. La sua voce è tra le più chiare della filosofia dei nostri tempi. Con l’attualismo gentiliano entriamo nella Civiltà della tecnica.

Allora, scusate, smorziamo la storicizzazione Gentile, Fascismo, Filosofia della dittatura. Torniamo invece a leggere ‘Teoria generale dello spirito come atto puro’ o  ‘Genesi e struttura della società’, opera quest’ultima  ripubblicata da Oaks editrice. Così torniamo alla filosofia, così non potremo non dirci gentiliani. E siamo gentiliani in quanto, nelle aule,  insegniamo che il progetto esiste se rimane come “un dire che si decide al fare”. Siamo gentiliani perché incontriamo idee che fanno di tutto per “sottrarre il pensiero alla responsabilità dell’azione”. Che sintagma gentiliano straordinario la responsabilità dell’azione! Provare la responsabilità dell’azione vuole dire andare avanti per produrre fatti, dentro una complessa realtà socio-politico che purtroppo non fa, non agisce.

Peraltro, tante volte abbiamo approfondito il pensiero comunitario. Pensatori di diversa estrazione culturale hanno spiegato di conservare le forme di vita comunitaria, accomunando modelli conservatori, marxisti, cattolici. Ora al centro del  Comunitarismo c’è Giovanni Gentile, c’è il suo registro filosofico che ricorda come “in fondo all’Io c’è un Noi”, come siamo noi stessi dal momento che siamo la storia dei padri.

Di questo Gentile desideriamo parlare. E avete mai provato a soffermarvi su questa proposizione, “Quindi eterna autocritica, eterna rivoluzione”?  Scritta in ‘Genesi e struttura della società’, tale affermazione spiega che il cambiamento avviene ogni giorno. Ed è inavvertibile. I grandi eventi, le rivoluzioni, sono solamente la conclusione di ciò che prima cambia dentro di noi, di ciò che prima ci scava dentro, e di ciò che genera l’eterna autocritica quotidianamente.

Siamo gentiliani per convinzione filosofica. La sua ‘Dialettica del pensiero pensato’ è ancora lucida. Cioè, il pensiero non si conclude mai; è attività; il pensato è il frutto dell’attività e il pensare quindi divien cosa. In  tal senso ci sentiamo concreti. I nipoti dell’attuosità? Per questo non possiamo non dirci gentiliani oggi.

Renato de Robertis

Renato de Robertis su Barbadillo.it

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