Gin&Noir. Lo sbirro catalano indaga tra ipocrisie e lati oscuri del separatismo di Barcellona

Con “Indipendenza” lo scrittore Javier Cercas affronta in versione poliziesca uno dei tabù politici della Spagna contemporanea

"Indipendenza" di Javier Cercas

Javier Cercas è uno scrittore spagnolo di eccelso livello e molti ricorderanno il successo, anche in Italia, di una delle sue prime opere, “Soldati di Salamina” (Guanda, 2002), un mix originale fra saggio e romanzo storico sulla guerra civile iberica. Da un paio d’anni Cercas si è buttato sul giallo e dopo gli ottimi risultati di “Terra Alta” (pubblicato in Italia da Guanda lo scorso anno), di recente è uscito “Indipendenza”, il secondo capitolo dedicato alle indagini di Melchor Marìn, uno sbirro tutto particolare: intanto perché non fa parte della Policìa Nacional né della Guardia Civil, bensì del corpo dei Mossos d’Esquadra, la polizia regionale catalana. Poi è un figlio di puttana nel vero senso della parola, aveva una madre prostituta che è stata uccisa da un cliente quando lui era ancora bambino (ogni riferimento a James Ellroy e alla sua “Dalia nera” è tutt’altro che casuale); inoltre da ragazzo è stato in carcere ed è riuscito a entrare nei Mossos soltanto grazie a un sotterfugio (in questo caso il credito, dichiarato, è alla figura di Jean Valjean dei “Miserabili” di Victor Hugo). Ma non è tutto: Melchor, chiamato dai colleghi “Spagna” perché a differenza degli altri non simpatizza con l’indipendentismo catalano, è l’anonimo agente dalla mira infallibile che in occasione di un cruento attentato islamista a Barcellona (episodio vero avvenuto nel 2017) eliminò da solo quattro terroristi.

In questo secondo romanzo della serie, Melchor abbandona temporaneamente l’amata Terra Alta, vale a dire la zona montuosa a sud della Catalogna, per tornare in servizio a Barcellona e aiutare a risolvere un caso spinoso: la sindaca della capitale catalana è sotto ricatto per via di un presunto video pornografico che avrebbe girato quand’era giovane. Si tratta di una banale estorsione oppure di una sottile trama politica per togliere di mezzo una donna diventata scomoda all’interno degli ambienti catalanisti, sempre più potenti ma, al tempo stesso, senza reali sbocchi politici? Da notare che Cercas, come già aveva fatto nel primo romanzo, sceglie una bizzarra ambientazione futura, sia pure di pochi anni: l’azione si svolge infatti nel 2025 e secondo la previsione dell’autore l’indipendentismo catalano (è dei giorni scorsi la notizia dell’indulto concesso ai leader separatisti dal premier di Madrid, Pedro Sanchez) non avrà ottenuto tutti i suoi scopi, perciò cercherà di reinventarsi. Fra l’altro per l’agente Marìn il rientro a Barcellona è anche l’occasione per riprendere la sua privatissima indagine per cercare i responsabili della morte della madre.

“Indipendenza” è un ottimo giallo con sfumature noir, Cercas ha una scrittura raffinata e dietro la trama poliziesca (che comunque funziona alla grande) si percepisce il desiderio di realizzare un romanzo di qualità che vada al di là della narrativa di genere; anche se rispetto al precedente “Terra Alta” l’opera – e soprattutto il protagonista – hanno perso un po’ di freschezza e alcuni meccanismi cominciano a scricchiolare. In buona sostanza si tratta però di un romanzo politico e l’autore, che non è catalano di nascita ma vive tra Gerona e Barcellona dall’età di quattro anni, non ha mai mascherato la sua ostilità verso l’ideologia indipendentista e i tentativi di separatismo andati in scena negli scorsi anni. In questo senso ha gioco facile nel descrivere doppiezze e opportunismi degli ambienti politici catalanisti, legati alla grande borghesia di Barcellona che perpetua il proprio potere da oltre un secolo mutando pelle ma rimanendo pressoché uguale a se stessa, come l’aveva descritta Vàzquez Montalbàn già una quarantina d’anni fa.

Da buon intellettuale di sinistra, Javier Cercas non sfugge però a certi cliché, che forse sarebbe meglio definire riflessi condizionati, alla cane di Pavlov. Ad esempio, per poter criticare meglio i calcoli dell’indipendentismo catalanista- che fino a oggi ha avuto chiare radici progressiste e globaliste, con frange chiassose legate all’ideologia arcobaleno – l’autore ipotizza (siamo nel futuro no?) una bizzarra virata verso temi sovranisti e xenofobi per basse ragioni di convenienza elettorale, così da rendere particolarmente antipatici la sindaca e il suo entourage. Mentre invece “i buoni” del romanzo, per quanto cinici e controcorrente, si rivelano alla fine vicini ai poveri e agli immigrati e finanziano Open Arms. Paccottiglia politicamente corretta, assai comune anche nella nostra letteratura noir, che tuttavia non inficia il valore del romanzo di Cercas.

Javier Cercas, Indipendenza, Guanda, 403 pagine, 19 euro

Giorgio Ballario

Giorgio Ballario su Barbadillo.it

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