Franco Battiato e la Tradizione che si fa pop

Ha acceso coscienze non verso quella bandiera o questa causa ma ha aperto gli occhi di tanti sulla necessità di ritrovare la strada che porta all’Inviolato a cui cantò Lodi gettonatissime.

Franco Battiato

Franco Battiato, proprio ora, sta attraversando il Bardo. Che è quella fase di passaggio, cruciale, per cui secondo la visione orientale dell’esistenza, l’uomo passa dalla dimensione terrena a quella “altra”. Lo ha studiato per anni, l’Oriente e precisamente il Bardo. Ci ha dedicato anche un documentario tra Italia e Nepal, si direbbe quasi tra sesso e castità: Battiato ha acceso coscienze non verso quella bandiera o questa causa ma ha aperto gli occhi di tanti sulla necessità di ritrovare la strada che porta all’Inviolato a cui cantò Lodi gettonatissime.

Mentre il Maestro affronta l’esame più impegnativo, duro e pericoloso – quello appunto del Bardo – a noi che restiamo tocca ricordarlo. La prima strada è la dimensione del ricordo personale: i “cuccuruccù” sparati a tutto volume e urlati a squarciagola dalla Twingo scassata su cui, ogni sera, s’intraprendevano “viaggi interstellari” in una provincia del Sud, sempre più povera, arrabbiata e superficiale. Oppure quegli amori consumati tra candele e incensi, inebriati delle melodie de “La Cura” e poi finiti, irrimediabilmente e tragicamente come può farlo solo un amore giovanile e perciò fatuo e presuntuoso: nella sublime interpretazione sua de “La canzone dei vecchi amanti”.

Dopo ancora il passaggio, decisivo dopo l’ascolto ossessivo: ma chi è ‘sto Re del Mondo? E quanto tornerà l’Era del Cinghiale Bianco? Allora l’avvicinamento a Guenon, passando magari per la “porta” di Ossendowski. Un mondo pericolosissimo, da maneggiare con estrema cura perché è un attimo che appassisce appassendo chi lo maltratta. La Tradizione che si fa seme nell’opera di un cantante pop: è proprio vero, passando di palo in frasca, che i fiori sanno nascere anche nel cemento.

La grandezza di Battiato ognuno la conosce e ciascuno la sente. È il rimando a un mondo che anela, brama, l’atemporalità o meglio ancora: che vuole superare il transeunte vorticoso che travolge e devia le anime dal loro destino. Tutto cambia, tutto è transeunte. Ma la Sicilia eterna, luogo prima spirituale e solo dopo isola trinacria, centro del Mediterraneo e perciò centro del mondo, è un balcone irrinunciabile e irrisolvibile nella formuletta del “crocevia di culture” (agli incroci, dall’Ellade al Giappone antico, abita la morte non la vita…); forse è alle falde dell’Etna, dove viveva nella sua villa-monastero, che c’è quel centro di gravità permanente a cui ancorare la propria esistenza.

Adesso il Maestro, come Franco Battiato non voleva farsi chiamare, è nel Bardo: sta attendendo a ben altre prove, supreme, che forse aspetteranno anche noi. Non ci resta che riascoltarne la musica, rivederne films e documentari, studiare – chi vorrà – seguendo le tracce che ci ha voluto lasciare. Meglio e più rispettoso questo, sicuramente, che disputarsene le spoglie, come pure è umano che accada. Troppo umano.

 

 

Giovanni Vasso

Giovanni Vasso su Barbadillo.it

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