Il Winnie-the-Pooh russo, versione filosofo selvaggio

È il protagonista di uno di cartoni animati più famosi dell’Unione Sovietica, Vinni-Puch ha segnato l’immaginario di milioni di russi (e non solo): la corrispondenza dalla Russia di Sacha Cepparulo

Il fumetto russo

In Italia è praticamente sconosciuto, stiamo parlando del fratello non gemello di Winnie-the-Pooh, il “Vinni-Puch” russo!

 Tratto dalla prima pubblicazione della raccolta di favole “Winnie-the-Pooh”, disegno di Ernest Howard Shepard

È il protagonista di uno di cartoni animati più famosi dell’Unione Sovietica, Vinni-Puch ha segnato l’immaginario di milioni di russi (e non solo). Quello che molto spesso non si sa è che nelle prime favole di A. A. Milne (1929) Winnie-the-Pooh era proprio russo! Inizialmente venne infatti immaginato come il più tradizionale degli orsi russi: il suo vestiario, infatti, includeva il tipico copricapo russo “ušanka”, i “lapti”, cioè le scarpe di rafia di betulla, tradizionale calzatura dei contadini russi e, infine, gli ampi pantaloni di seta “šarovary”. 

                 “Vinni-Puch”, il cartone animato

Nella rappresentazione sovietica di circa trent’anni dopo, Winnie-the-Pooh perde le sue sembianze originarie. Il Vinni-Puch russo, a differenza di quello a cui siamo abituati, somiglia ad un vero orso: forma, pelo, artigli e peso non lasciano adito a dubbi. Per di più è del tutto nudo, non indossa nessuna ambigua mini-t-shirt rossa! 

Come ogni vero selvaggio, Rousseau docet, nella sua spontaneità è molto intelligente e fine. Lo sfondo bianco nel quale viene quasi sempre rappresentato non permette distrazioni, non a caso Vinni-Puch molto spesso si interroga profondamente su ciò che lo circonda. Partendo da certezze acclarate come “L’albero di per sé non può ronzare” chiede “Perché dovresti ronzare, se non se non sei un’ape?” e, non contento, insiste “a che servono le api? Naturalmente a perché ci sia il miele, io la penso così” e quindi “a che serve il miele? Perché io lo mangi! Per me è così!”. Partendo dalla constatazione dell’esistenza empirica di alcuni oggetti come gli alberi e le api e, risalando attraverso l’intera catena di concause, si scopre il senso del tutto: senza api non ci sarebbe il miele e senza miele non ci sarebbe nulla da mangiare. A parte la conclusione orso-centrica o, se si preferisce, “Vinni-Puch-centrica”, sembra di leggere le famose pagine di Bernard Mandeville tratte da “La favola della api. Vizi privati e pubbliche virtù” dedicate all’analisi e alla descrizione della società nel suo complesso: nessuna componente è esclusa, tutto è collegato e dotato di senso e, proprio per questo, deve essere spiegato! Per chi fosse interessato alle riflessioni di Vinni Puch: https://www.youtube.com/watch?v=Fgbmw2nOyPU.

Vinni-Puch è consapevole del fatto che le sue riflessioni, per quanto plausibili possano essere, sono sue. Viene preso quindi in considerazione l’ineludibile fondo di soggettività che caratterizza ogni nostra analisi: cosa di cui molto spesso gli uomini si dimenticano!

Nonostante ciò, la conclusione “Vinni-Puch-centrica” tocca un tema su cui si sono lambiccati il cervello i più importanti filosofi; “Il miele esiste, perché io lo mangi” dice Vinni-Puch. Il mondo è fatto a nostra misura? Ogni fenomeno è spiegabile con il riferimento (positivo o negativo che sia) all’uomo? Gli amanti della scienza spesso e volentieri fanno a gara nel deridere, per esempio, gli antichi sistemi geocentrici accusandoli di superficiale antropocentrismo ma, in realtà nella vita di tutti i giorni e non solo la maggior parte di noi vive credendo che ogni realtà mondana abbia un qualche senso, una certa finalità che ci è in qualche modo vicina, intima. Se l’antropocentrismo è per certi aspetti inevitabile, d’altro canto è anche vero che sono esistiti ingegni e spiriti coraggiosi che si sono opposti a questa concezione con strenuo coraggio. Si pensi alle riflessioni di Leopardi: se la natura odiasse l’uomo, in un qualche modo gli attribuirebbe un’importanza, una centralità. Infatti, impegnandosi nel mettergli i bastoni fra le ruote, la natura innalzerebbe l’uomo ad ente degno di attenzione. L’insegnamento di Leopardi, molto più terribile e profondo è, come tutti sanno, un altro: cioè l’indifferenza della natura. Noi non siamo né amati né odiati da nessuno, siamo semplicemente gettati in un mondo in cui dobbiamo muoverci per l’ottenimento di qualche vantaggio pratico volto alla sopravvivenza, nel caso di Winnie-the-Pooh la costante ricerca di miele che, nonostante non sia prodotto dalle api per sfamarlo, può essere utilizzato in questo modo. Pertanto, Vinni-Puch è sì filosofo, ma rimane in ogni caso selvaggio: nella sua ingenua spontaneità ritiene che la causa dell’esistenza del miele sia il soddisfacimento di un suo bisogno primario. In conclusione, per evitare qualsiasi tipo di antropocentrismo e orso-centrismo conviene sempre fare proprio l’efficace argomento con cui nei suoi “Saggi” Montaigne critica l’antropocentrismo: alla stessa stregua dell’uomo anche le papere potrebbero pensare che il mondo sia fatto a loro misura (si pensi all’allevamento da parte dell’uomo) e che il senso di ogni fenomeno debba essere determinato a partire dal beneficio o dal danno che ne ricevono. Così come l’antropocentrismo e l’orso-centrismo, anche il papero-centrismo potrebbe essere corroborato da ragioni che intuitivamente sembrano vere e fondate; bisogna stare molto attenti, si è sempre istintivamente disposti a ritenere che noi siamo se non al centro dell’universo, almeno al centro di tutto ciò che avviene sul nostro pianeta. Le cose in realtà stanno diversamente. 

Sacha Cepparulo

Sacha Cepparulo su Barbadillo.it

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