La polemica. Stop alle sigarette in cortile: la ricreazione è finita?

divieto fumare“Qualsiasi paura, per quanto sembri derivata, è essenzialmente paura della morte. l’uomo che riesce qui a strapparle terreno può imporre la sua libertà in ogni altro ambito governato dalla paura, e abbattere i giganti, la cui arma è il terrore”.

Trattato del ribelle – Ernst Junger

È la paura che li fotte, anche di una sigaretta fumata da un ragazzino. Non c’è nessuna la volontà di costruire uno Stato Etico – come ha scritto Piero Ostellino sul Corriere della Sera -, perché significherebbe attribuire a questa classe dirigente la forza di immaginare un paese con un qualche progetto di futuro; non c’è nemmeno un’idea di uno Stato “educatore” – come scrive La Stampa – che nascerebbe più dalla “necessità” di risparmio pubblico che per senso di protezione nei confronti degli italiani.

La notizia del divieto di fumo nei cortili delle scuole non è stata semplice cronaca, ma è il sintomo di una malattia che si trascina da anni: normare tutto. E il virus di normare tutto nasce dall’istinto di un potere che ha il terrore della ribellione.

La norma diventa – in nome di cose, sulla carta, sempre nobilissime: la salute, i costi sociali, il bene comune, un mondo migliore – mezzo per annullare ogni forma di conflitto, di dissenso, di costruzione istintiva di un’alternativa al potere costituito che non vuole “scossoni” rispetto a una gerarchia che deve rimanere immutabile nel tempo.

La sigaretta fumata nel cortile della scuola, di nascosto, dal quindicenne di turno è il primo gesto di ribellione nei confronti dell’istituzione scuola e della famiglia. È un gesto che ha il sapore amaro della presa di coscienza di sé, è proiettarsi nel mondo adulto, autodistruzione vitalista che grida dissenso alle regole dovute alla sua età.

Il ragazzo non lo sa, ma la sigaretta è così la sconfitta di una piccola paura – paura del preside e dei genitori -, piccolo germoglio di una potenziale ribellione che vede ogni forma di potere come soggetto da sfidare per il cambiamento. La norma risolve il problema  sul nascere.

In più, la decisione di multare fino a 6 mila euro – come da ddl – il ragazzo è forma di repressione spropositata, che sposta l’asse del conflitto dal piano studente-preside a quello economico, caricando di senso di colpa nei confronti dei genitori chi viene beccato. In linea con l’attuale condizione dei giovani, costretti a rinunciare a ogni diritto, a paghe misere, pur di non pesare sui genitori a lungo. La precarietà è perciò anche status mentale, oltre che economico e lavorativo. Servono ribelli, non innocui ragazzi sani.   

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Giovanni Marinetti

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