Ma occorrerebbe farsi una domanda di fondo. La storia è quella di un ufficiale egiziano, Radamès, capo dell’esercito. Egli è perdutamente innamorato – nel senso moderno e, vorrei dire, borghese, dell’amore – di una schiava etiope, Aida, e per lei perderà l’onore e la vita, oltre che la promessa del trono che il Re gli fa offrendogli in sposa la figlia Amneris. Ora, abbiamo noi idea di che fosse l’amore quattromila anni fa in una società complessa, classista, razzista, come quella egizia? Poteva un uomo appartenente alla casta superiore innamorarsi (sempre che l’amore come lo concepiamo noi esistesse: credo che incominci con la civiltà greca ed era per giunta preferibilmente tra un uomo e un ragazzo)? E lo poteva di una schiava, per giunta appartenente a quella ch’era ritenuta una razza inferiore?
Il valore musicale e drammatico dell’Aida non è qui in discussione. Anzi, essa è, insieme col Guillaume Tell di Rossini, colle Vêpres siciliennes dello stesso Verdi, coi Troyens di Berlioz, e con il Don Carlos, sempre di Verdi, il più bello dei Grand-Opéras mai scritti. Nonché uno dei capolavori del teatro musicale, con la sua alternanza di grandiosità e intimismo. Peraltro, il teatro musicale è il regno dell’inverisimiglianza. Come fanno Dorabella e Fiordiligi (Così fan tutte di Mozart) a non riconoscere nei due stranieri che si presentano loro travestiti i due amanti lasciati pochi minuti prima? Su casi analoghi si potrebbe scrivere un libro. Ma quello dell’Aida mi sembra basilare, fondamentale, tanto da impedire quasi alla baracca di tenersi in piedi.
Ciò è possibile non solo di fronte allo splendore e alla raffinatezza della musica di Verdi, ma di fronte all’aura magica da essa creata sì che un velo si pone davanti al nostro intelletto e ci impedisce di pensare alla storia, e alla Storia; e alla coerenza drammatica. Mi pare, infatti, che l’Aida come Opera meriti un articolo a sé, che intendo scrivere. Ma se si volesse sintetizzarla in una formula, potremmo dire: credo sia il massimo caso di un testo di teatro musicale che con i mezzi stilistici più raffinati (in certi casi, sofisticati) perviene alla massima popolarità presso ogni genere di pubblico.
*Da Il Fatto Quotidiano del 4.2.2021