La festività celtica di Imbolc dedicata al ritorno della luce

Lo studioso Paolo Paron illustra la tradizione che viene celebrata tra il 1 e il 2 febbraio fin dall'antichità

Una manifestazione del festival celtico Imbolc

Tra l’1 ed il 2 febbraio, nel mondo celtico, veniva celebrata la festività di Imbolc, dedicata alla luce e al calore che, dopo il lungo e rigido inverno, finalmente facevano ritorno. Se ci facciamo caso, esso avviene esattamente a metà strada tra il solstizio invernale e l’equinozio primaverile, le giornate ormai sono più lunghe ed il clima più mite, e ci sono molte ottime ragioni per festeggiare.
La radice del nome, come al solito, ci dice molto circa le origini di questa celebrazione, e in questo caso essa deriva dal celtico imblog, che letteralmente significa “nel grembo”, poiché proprio in questo periodo le pecore davano alla luce i loro agnellini, bianchi come il latte, portatori di abbondanza e prosperità.
Non ci è difficile capire come mai le pecore fossero così importanti nel mondo antico, esse producevano calda lana con cui proteggersi dal freddo, latte, burro, formaggio e carne con cui sfamarsi.
Nei giorni che precedevano la festività di Samhain, celebrata il 31 ottobre, le greggi venivano fatte scendere dai pascoli, divenuti ormai gelidi e inospitali, mentre Imbolc indicava l’annuncio della primavera, quando le giornate finalmente si allungavano, il villaggio poteva contare su una nuova generazione di agnelli e il gelo cominciava a dare spazio a giornate più tiepide.
Anche nell’antica Roma, il mese di febbraio era connesso alle pecore, i panni di lana erano chiamati februe, ed in questo periodo si celebrava la festa dei Lupercalia. In onore al dio Fauno si tenevano corse e processioni dove i giovani si ricoprivano solo con pelli, nascondendosi il volto con una maschera di fango, percuotendo le giovinette e le donne con strisce di pelle di capro, gesto che le avrebbe rese fertili. Venivano anche compiuti sacrifici di animali, e non a caso, erano scelte delle capre, e si celebravano anche altri rituali utilizzando il latte e la lana. La divinità tutelare di questa festività era Fauno, colui che proteggeva pecore e capre al pascolo, dall’attacco dei lupi.
Nelle tradizioni vichinghe vi è una speciale celebrazione proprio in questo momento dell’anno: si chiama Disting o Disablot, ed è il momento in cui la terra si prepara per ricevere i semi e vengono contate le vacche, oltre che il periodo in cui nascono i vitellini. I vichinghi si affidavano alle Disir, divinità minori in forma di fanciulle, spiriti protettivi del clan e portatori di prosperità. A Uppsala viene tuttora tenuta una fiera nel primo giovedì di febbraio in ricordo di questa tradizione.
I primi giorni di febbraio erano considerati di grande importanza da molte popolazioni europee, poiché rappresentavano un momento di passaggio dall’oscurità e dal freddo invernali alla mite e rigogliosa primavera, quando nascevano gli agnelli e la terra tornava ad essere fertile.
Sulla collina di Tara, sede di molti famosi re celtici, dimora leggendaria dei primi dèi-guerrieri d’irlanda, i Tuatha de Danann e dei valorosi Fianna, sorgeva la mitica Pietra del Destino, senza la quale l’Irlanda sarebbe sprofondata, era un menhir capace di riconoscere e legittimare il re sacro. Qui sorgeva un tempio allineato in modo da veder sorgere direttamente il sole in due date particolari: Samhain e Imbolc.
IMBOLC era una ricorrenza molto introspettiva e si trattava di un momento di unità familiare, da trascorrere con i propri cari. Venivano accesi fuochi e candele e preparati e consumati alimenti semplici ma genuini, come burro, latte o pagnotte. Era un momento di purificazione, si usava visitare un pozzo sacro, lanciando al suo interno una moneta e facendovi intorno un giro, nello stesso senso in cui il sole compie il suo percorso.
La dea patrona di questa festività, legata al focolare casalingo, alla nascita degli agnelli, ai pozzi sacri, alla luce e alla purezza era Brigid, che nel mondo cristiano è stata trasformata in Santa Brigida, celebrata proprio negli stessi giorni. Era tradizione preparare delle croci di Brigid in suo onore, mentre le fanciulle, vestite interamente di bianco, colore che indicava purezza, portavano di casa in casa un fantoccio fatto di paglia, ramoscelli e vecchi abiti, che rappresentava la dea Brigit.
Il suo entrare in un’abitazione portava benessere alla famiglia e si diceva che, durante la notte, la dea passasse davvero a visitare le case, lasciando tracce di cenere come segno del suo passaggio. Oggetti di uso comune e abiti erano lasciati fuori dalla porta di casa, perché Brigit desse loro la sua benedizione, mentre all’interno si preparavano per lei un letto, del cibo e qualcosa da bere.
Era una festa della luce e del fuoco che riscalda. A diverse latitudini, in Europa in questa notte si percorrevano le strade di città e villaggi, con candele in mano a significare proprio il ritorno della Luce e il primo annuncio della Primavera, che presto sarebbe arrivata
Il cristianesimo non avrebbe potuto attecchire in Irlanda, se non avesse inglobato in sé molte delle credenze profondamente radicate nel popolo celtico. Ecco perché il 1° febbraio viene celebrata Santa Brigida, considerata, dopo San Patrizio, una delle più importanti figure cattoliche irlandesi. Ma i legami non finiscono qui, il 2 febbraio la chiesa cristiana ha introdotto la festa della Candelora, durante la quale si accendono candele e lumi in onore di Gesù, che illumina il mondo.
Secondo la tradizione ebraica, una donna che aveva partorito era ritenuta impura e doveva purificarsi al tempio quaranta giorni dopo il parto, ecco perché Maria in questa data del 2 febbraio si reca al Tempio di Gerusalemme, dove presenta alla comunità anche il proprio figlio, Gesù. Il 2 febbraio dista esattamente quaranta giorni dalla nascita del divin bambino, avvenuta il 25 dicembre, ecco perché la Candelora, chiamata anche Purificazione di Maria, avviene proprio in questo giorno.
Perciò, qualunque sia la nostra fede religiosa, possiamo accendere una candela in onore alla Luce che ritorna, aspettando di veder sbocciare i primi fiori.
*La casa editrice “L’Arco e la Corte” ha pubblicato il libro “La casa dei sette gatti” di Paolo Paron. Un libro che racconta una storia di benandanti, streghe e strani personaggi, che ha per protagonista Francesca, una giovane che scopre di essere benandante e si trova coinvolta in una avventura cominciata 500 anni fa.
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Paolo Paron

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