Focus. Da Stato nazionale a Stato amministrativo l’assalto alla sovranità dei popoli

L'evoluzione delle forme di governo delle nazionali al tempo del mondialismo

La bandiera italiana strapazzata

Il contesto europeo, così come designato dall’Unione europea, con le sue leggi e direttive, fa spesso vivere crisi di sistema a nazioni da secoli strutturate. Massimo D’Azeglio, dopo l’unità d’Italia disse: “Fatta l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani”. Forse è questo uno dei problemi centrali per l’Italia e forse realizzare uno Stato nazionale oggi è davvero difficile se si pensa che questi processi storici nei secoli passati sono avvenuti in altri paesi europei nel quadro di contesti differenti. Ma affermare oggi le prerogative di uno Stato nazionale oggi è pressoché impossibile. Perché? Lo Stato nazionale nell’Ottocento e Novecento, in Europa, aveva lo scopo di affermare una unità interna, una definizione della propria identità nazionale, nell’ambito dei conflitti ricorrenti fra Stati che vivevano fianco a fianco e magari non in concordia. Una potenza nazionale era sempre pronta ad affrontare la guerra per l’affermazione del proprio Stato, della propria nazione, per tutelare interessi politici o economici. Alla base c’era il popolo, il suolo che era quello degli avi e la volontà di trasmettere alle nuove generazioni le tradizioni del popolo, la cultura, la storia, gli usi e i costumi che magari con i decenni sarebbero cambiati ma sempre nel solco di una visione nazionale e unitaria. Alcune date, alcune battaglie, alcune ricorrenze erano sempre un appello e un richiamo all’unità, alla fratellanza di sangue, alla comunità che condivide il proprio destino. La patria era sacra perché in lei si compiva tutto il mondo ideale di una comunità.

Oggi giorno, nell’era della mondializzazione, dell’affermazione del mercato globale, della realizzazione di ampie zone di libero scambio, dell’affermazione del disegno di realizzare fra nazioni il principio federativo fino a raggiungere macroaree economiche e politiche come l’Ue, il concetto di Stato nazionale, che accentrava il potere politico, economico, militare e la sovranità decisionale, è venuto meno e gli spazi che restano sono molto angusti. Il cambiamento radicale è tutto nel passaggio da Stato nazionale sovrano a Stato amministrativo, addetto solo a recepire le direttive di Bruxelles e ad applicarle.

L’idea di democrazia e libertà si è evoluta quindi in senso federativo secondo una forma che depotenzia gli Stati: la politica negli Stati nazionali aveva come scopo di forgiare il destino del popolo, di salvaguardare i propri interessi in un continuo confronto e a volte scontro con i popoli vicini. Negli Stati amministrativi di oggi lo scopo primario è il benessere, la gestione delle risorse secondo logiche che coinvolgono tutta l’Europa e la tutela dei diritti civili. Nello Stato nazionale l’economia era posta sotto il controllo dei vertici della classe dirigente; nello Stato amministrativo è sottoposta ai potentati e alle lobby economico-finanziarie sovranazionali e alle direttive dell’Ue. La vicenda del commissariamento della Grecia è eloquente.

Ma questo relativamente nuovo assetto politico ed economico è davvero la nuova grande nazione Europa? Le iniziative congiunte delle lobby, di fatto, stanno lavorando per indebolire il continente, per accelerare la decadenza e per eliminare le forze di resistenza residue. L’Italia non determina più il proprio destino: svende industrie del made in Italy e dei settori strategici delle telecomunicazioni o della chimica, non crede più nella trasmissione della propria tradizione e identità e quindi non sente più come primaria la nascita dei figli e raggiunge ormai la crescita zero, invoglia l’immigrazione con dichiarazioni e provvedimenti ad hoc sostenendo che le masse straniere che arrivano in Italia rappresentano arricchimento culturale ed economico oltre che la soluzione economica per gli accantonamenti per le pensioni. Tutte tesi smentite dai fatti e dagli economisti più accorti. Insomma, al potere economico e finanziario e all’assoggettamento al potere politico delle lobby di Bruxelles si aggiunge l’eliminazione dell’identità nazionale e culturale, dello Stato.

Il mondialismo, del resto, ha lo scopo di cancellare le differenze creando un melting pot, eliminando le tradizioni, i valori che fondano le comunità, sciogliendo i legami sociali e appellandosi ai diritti civili come paravento. La cancellazione delle identità comunitarie, l’assalto alla vitalità e alla forza dei popoli, è attuata con una serie di passaggi che investono primariamente la sovranità del popolo e dello Stato.

Manlio Triggiani

Manlio Triggiani su Barbadillo.it

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