Berto Sour. La tendenza tutta italiana al fratricidio

L'analisi di Giacomo Petrella sulla ritrosia al cambiamento e alle rivoluzioni in Italia

Caino e Abele

Caino e Abele

Italiani Fratricidi

La frase di Umberto Saba è nota ai più: gli Italiani non hanno mai fatto una rivoluzione perché intimamente fratricidi. L’istinto alla divisione, alla guerra civile, allo spartirsi le briciole, al settarismo, confligge con l’idea unitaria di parricidio. Uccidere la generazione precedente è infatti l’unico modo di compiere un capovolgimento sociale. Saba, portava nella sua stilettata alcuni esempi: da Romolo che uccide Remo a Mussolini che defenestra i socialisti. Il fratricidio serve a mantenere papà sul trono.

Esempi sbagliati

Saba ha avuto probabilmente ragione nel cogliere il dato sociologico. L’Italiano anela quasi sempre al conflitto orizzontale. Mai a quello verticale. Ma gli esempi del poeta triestino lasciano intuire una certa debolezza culturale; forse un irrisolto archetipico fra le nostre radici e la nostra storia contemporanea, le cui conseguenze ci trasciniamo ipocritamente fino ad oggi. Saba cita infatti due casi lontani nelle epoche per i quali l’italianità ebbe un oggettivo connotato rivoluzionario. Romolo uccidendo il fratello impone il Diritto, lo spazio pubblico: sarà solo grazie a questo esempio che i Romani potranno cacciare i Re stranieri e fondare, in senso rivoluzionario, una nuova idea di Stato. Una Res Publica. E altrettanto rivoluzionario fu il ritorno a quella dimensione di Cosa Pubblica che i figli delle trincee imposero virilmente alle classi dirigenti liberali e socialiste. Altro che fratelli. Mussolini eliminando Turati e Giolitti, compì sul serio il doveroso parricidio.

Abele e Caino

Quel che forse intendeva realmente Saba lo ritroviamo nel pantano morale dei giorni nostri: il fratricidio a cui gli Italiani sono maggiormente devoti è dunque quello biblico. Caino uccide Abele. C’è di mezzo l’affetto del padre si. Ma anche i soldi. Eredità. Patrimoniale. Sono termini che nelle società proiettate al primo passato, incapaci di rifondarsi, tornano costantemente. Caino avrà il marchio dell’infamia. Ma sarà graziato e protetto. Ad Abele la ricompensa morale, e la prefigurazione della glorificazione spirituale. E’ nettamente questa la cornice che anima il mancato senso rivoluzionario del popolo italiano: un mai acquisito gusto pagano per la giustizia terrena, per il desiderio di vendetta, di pulizia non solo morale (gli Italiani non saranno mai giustizialisti) ma soprattutto estetica e funzionale.

L’Eden statutario

E’ chiaro che difronte alle sfide epocali di questo tempo, un popolo così pigro e spento sia destinato ad apocalittica sofferenza. Lo si vede anche dalla scarsa fierezza e capacità d’ingegno che le sue classi dirigenti mettono nell’analizzare ciò che li circonda. Mentre al di fuori dei loro piccoli quartieri d’affari rifioriscono imperi e califfati, dinastie ed epopee, essi maneggiano i cavilli statutari come sicuri notabili del 1789. Ricorrono agli appelli a costituzioni ormai vilipese, stuprate, e lasciate marcire fra gli orpelli di una società opulenta di sogghigni ed occhiolini. Caino ed Abele si ritrovano così fra i banchi di maggioranza e opposizione mentre là fuori il mondo balza, combatte, accelera e poi rallenta, si ferma come per acquattarsi in un gigantesco agguato. I due fratelli sembrano immuni alla realtà, sicuri di un Eden artificiale presso il quale sarà impedito a tutti noi persino far da servo muto. Forse.

La citazione di Umberto Saba

«Vi siete mai chiesti perché l’Italia non ha avuto, in tutta la sua storia – da Roma ad oggi – una sola vera rivoluzione? La risposta – chiave che apre molte porte – è forse la storia d’Italia in poche righe.

Gli italiani non sono parricidi; sono fratricidi. Romolo e Remo, Ferruccio e Maramaldo, Mussolini e i socialisti, Badoglio e Graziani. “Combatteremo – fece stampare quest’ultimo in un suo manifesto – fratelli contro fratelli”. Favorito, non determinato, dalle circostanze, fu un grido del cuore, il grido di uno che – diventato chiaro a se stesso – finalmente si sfoghi. Gli italiani sono l’unico popolo, credo, che abbiano, alla base della loro storia, o della loro leggenda, un fratricidio. Ed è solo col parricidio, con l’uccisione del vecchio, che si inizia una rivoluzione.

Gli italiani vogliono darsi al padre, ed avere da lui, in cambio, il permesso di uccidere gli altri fratelli»

(Umberto Saba, Scorciatoie e raccontini, 1946)

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Giacomo Petrella

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