Nasce Stellantis: le mani francesi sulla Fca e l’automotive italiano che sbiadisce

Augusto Grandi commenta la nascita del nuovo gruppo e le prospettive per l'industria tricolore del settore

Stellantis riunisce Fca e Psa

Brillerà sempre meno sull’Italia, Stellantis, il nuovo gruppo automobilistico nato dalla fusione tra Psa e Fca. In realtà non si tratta di una fusione, bensì di un’acquisizione. I francesi di Psa (in pratica Peugeot, Citroen e marchi minori) acquistano il gruppo italoamericano che controlla marchi quali Fiat, Alfa Romeo, Jeep, Dodge.

Ufficialmente l’acquisizione da parte francese è solo un escamotage fiscale e l’accordo è paritetico. Così paritetico che Psa avrà un consigliere in più ed esprimerà l’amministratore delegato di Stellantis, cioè chi comanda. Mentre Fca avrà il presidente, John Elkann, giusto per compiti di rappresentanza.

Ma in Italia ci si preoccupa soprattutto di quali potranno essere le ricadute dell’accordo sugli stabilimenti nella Penisola. E le prospettive non sono delle migliori. Mike Manley, ceo di Fca, verrà dirottato negli Usa, ad occuparsi del mercato americano dove avrà il compito di rafforzare la presenza dei marchi transalpini. Mentre ad occuparsi di Europa, dunque anche di Italia, saranno i francesi. E nella compagine azionaria ha un peso non irrilevante lo Stato transalpino che ovviamente difenderà l’occupazione degli stabilimenti francesi.

Un problema non da poco, soprattutto considerando la sovrapposizione dei modelli di Peugeot e Citroen con quelli di Fiat (Lancia è ormai praticamente inesistente). In cambio le produzioni italiane potrebbero beneficiare di un traino francese sui mercati asiatici ed africani, dove Psa è decisamente più forte. I benefici potrebbero essere maggiori per i componentisti, se avranno la forza di entrare in competizione con i francesi che sono molto più avanti sul fronte delle vetture elettriche.

Il tutto, però, in un mercato estremamente difficile per le conseguenze del Covid e, soprattutto, per la pessima gestione dell’economia di emergenza.

Augusto Grandi

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