Geopandemia di Santangelo e la sfida della “geopolitica del talento”

La recensione di Mario Vattani analizza l'originale saggio dell'intellettuale abruzzese

Geopandemia di Salvatore Santangelo

Secondo alcuni il lettore fugge l’attualità, soprattutto se questa lo spaventa, lo preoccupa, lo angoscia. Ci siamo lasciati alle spalle un 2020 difficile e non sarebbe male riuscire a pensare ad altro. Ma in questo 2021 che inizia in zona rossa, difficile non rimanere concentrati sul pensiero di cosa ci riserva il futuro.
Certo, non ci si può aspettare che la campagna di vaccinazione appena iniziata risolva in tempi brevi la crisi che ci ha investito, ma resta la consapevolezza che, nel frattempo, gli equilibri globali continueranno ad evolversi e modificarsi rapidamente, con effetti significativi sulle economie dei nostri paesi, sulle nostre società, e quindi sulle nostre vite.
Di qui l’interesse dell’ultimo attualissimo saggio di Salvatore Santangelo, giornalista e docente universitario, ma soprattutto esperto di politica internazionale e di storia del Novecento. In poco più di sessanta di pagine, Geopandemia. Decifrare e rappresentare il caos (Castelvecchi, pp. 64, euro 12,50) ci presenta un’analisi lineare e metodica, dalla quale emerge non solo la capacità di osservazione dello studioso, ma anche il modo in cui egli riesce ad accompagnare il lettore attraverso i percorsi di un ragionamento trasparente e – si potrebbe aggiungere – sincero.
«Come per gli antichi greci, il passato e il presente, in quanto visibili, sono “davanti a noi”, mentre il futuro invisibile “è alle nostre spalle”» Questa citazione di R.D. Kaplan, in apertura, offre un codice di lettura per l’intero saggio, dove il tempo appare come una delle variabili, ma la sua accelerazione e il suo rallentamento dipendono solo dalla nostra osservazione, dalle nostre scelte e dai nostri comportamenti: un concetto che vale tanto per i singoli quanto per gli Stati.

E non a caso Geopandemia, un testo apparentemente così legato agli accadimenti dell’ultimo anno, inizia nel 79 d.C. a largo di Pompei, protagonista Plinio il Vecchio. Un’immagine vivida, che serve a Santangelo per misurare l’effetto acceleratore che sconvolgimenti apparentemente casuali stanno oggi imprimendo all’evoluzione del mondo post-globalizzato. Nella sua analisi, Santangelo non si limita agli equilibri geopolitici, ma si concentra sulle contrapposizioni in atto all’interno delle singole realtà statuali, secondo le caratteristiche di quelle società. Dalla cosiddetta “guerra civile europea” a una “guerra civile mondiale” quindi, dove si sfidano sovranismo e populismo, rendita e lavoro, finanza e industria.

E la chiave di questa spietata competizione si fonderà in misura maggiore sulla qualità del capitale umano: una sfida sul campo dell’educazione, perché i nuovi strumenti della geopolitica saranno le biotecnologie, l’intelligenza artificiale, la gestione dei dati.
Se da una parte vi sono anticipazioni di queste intuizioni in saggi precedenti quali “GeRussia” (2016) e l’eccellente “Babel” (2018), il modo in cui Santangelo inserisce in Geopandemia dei ben illustrati cenni alla Teoria del Caos ipotizzata da Edward Lorenz o alla Teoria delle Catastrofi (René Thom, Structural stability, catastrophe theory and applied mathematics, 1977), fa di questo ultimo lavoro un testo che apre una finestra su altri panorami che vale la pena di esplorare, e la sua ricca bibliografia è un invito a cercare ancora.
Ma in Geopandemia emerge anche l’attenzione che Santangelo ha progressivamente dedicato all’Asia negli ultimi anni. Questo ulteriore allargamento dello scacchiere – o meglio della tavola del gioco cinese del go, al quale Santangelo dedica un’intrigante riflessione – arricchisce il racconto, avvalorando peraltro le tesi che vi vengono sviluppate. Spiccano, oltre alle valutazioni sulle dinamiche cinesi, anche e soprattutto interne, le interessanti considerazioni sulla Corea del Sud. L’apparente successo di Seoul nel gestire la crisi del Covid serve a Santangelo per ragionare sui modi in cui la Corea ha affrontato prima la sua ricostruzione post-bellica, poi la crescita della sua economia, e infine il suo ruolo internazionale – non solo economico – negli ultimi decenni. Lo “smart power”, insomma, nella definizione di Joseph Nye. Non manca qui un parallelismo tracciato tra Corea del Sud e Italia, dove tuttavia il nostro Paese non appare altrettanto brillante nella formazione, nella ricerca, nella politica energetica. Un parallelismo che serve all’autore come richiamo per introdurre il concetto di “patriottismo economico”, con un’auspicata nuova politica industriale fondata su alcuni valori chiave che – almeno alla luce degli ultimi sviluppi globali – non appaiono affatto superati. Così Santangelo si affida in diversi momenti alle parole di Primo Levi, ma anche a studiosi italiani trasferiti ad Harvard: «in primo luogo, è fondamentale agire sulla giustizia, assicurare rapidità di decisione sulle controversie civili. In secondo luogo, l’Italia ha bisogno di stabilità politica, quindi di una legge elettorale che permetta di avere una maggioranza in grado davvero di governare per un periodo ragionevole di tempo. E poi occorre intervenire sull’università che non è più in grado di attrarre i migliori».
“Geopolitica del talento”, la definisce Santangelo: “vincerà chi riuscirà a massimizzare l’investimento sul capitale umano, la promozione dell’impresa attraverso la creazione di una base industriale nuova, più moderna e competitiva, la trasformazione del vecchio Stato sociale in una nuova rete di solidarietà, diffusa nella società e incentrata sui reali bisogni dei cittadini oltre che sul loro diritto di scelta”.

In questo messaggio di sfida e di speranza si trova l’appello più urgente che ci giunge dalle pagine di Geopandemia, un testo che potrebbe servire come vero e proprio strumento, non solo per chi oggi è chiamato a osservare e riferire, ma soprattutto per chi governa.

*Geopandemia. Decifrare e rappresentare il caos di Salvatore Santangelo (Castelvecchi, pp. 64, euro 12,50)

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Mario Vattani

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