Il caso (di P. Isotta). Di Garko non mi importa ma la libertà riguarda tutti noi

L'invito all'attore: "Acchiappa dieci ragazzi al giorno, tanto sei bello e te lo puoi permettere"

Sono assai perplesso. E desidererei tanto che qualche anima buona mi aiutasse a trovare una risposta a quel che mi pare un mistero, inspiegabile.

La settimana scorsa ho pubblicato, su “Il Fatto Quotidiano”, un articolo su di un avvenimento che mi pare al centro degli interessi degli italiani. Parlo di fatti che in apparenza sono irrelati ma in piena sostanza posseggono uno stretto nesso. Sua Santità, in un’intervista che, quanto a valore canonico, conta meno di zero, ha annunciato che gli omosessuali, rei, ricordo, di peccato mortale, quanto a dottrina ecclesiastica, peccano assai meno se, stretti da un vincolo d’amore, convivono quale coppia matrimoniale nel senso della carità cristiana. Un tempo la Chiesa professava opposta dottrina: esser meno grave il peccare occasionalmente, seguito dalla Confessione e dal suo Sacramento, rispetto a un vincolo fisso, al qual peccato s’aggiungeva la pertinacia: dunque esso diventava irredimibile portando direttamente all’Inferno. I ricchioni “sposati”, che oggi ispirano tanta tenerezza quando li si vede la domenica mattina nei supermercati scegliere tra il “pacchero” e la “linguina” per tutta la settimana, ispirano tenerezza e indulgenza: dal Santo Padre alla Casalinga. C’è il Vincolo dell’Amore.

E lì venivo a trattare di un caso pratico. C’è un quarantottenne attore, popolarissimo presso le ragazzine, che personalmente giudico assai attraente, il quale per decennî ha dovuto fingere focosissime storie d’amore femminili perché – egli ha dichiarato – glielo imponevano i suoi padroni: produttore, uffici stampa et similia. Essendo egli, Gabriel Garko (nome d’arte) di Casale Monferrato, al suo posto mi sarei consultato con don Gonzalo Fernandez di Cordoba e Alessandro Manzoni. Posto che fossi stato in grado di capire la grammatica dei Promessi sposi. Li hai mai letti, Gabriel?

Ma egli è stato costretto dai suoi padroni (ufficio stampa, produttore, agente e non so che altro) a fingersi eterosessuale: tanto che io, gravemente errando, lo sfottevo di continuo, parendomi assai difficile che un bel ragazzo, dai tratti così spiccatamente – e vorrei dire ultroneamente – effeminati, avesse intense storie d’amore con improbabili e, per me, racchissime donne.

Or che va a capitare: le azioni di Gabriel erano purtroppo in ribasso; i suoi padroni l’hanno capito: ed egli ha effettuato in diretta televisiva un coming out nel quale dichiarava la sua vera natura, piacergli solo i maschi, e intrattenere al momento un focoso rapporto d’amore (vincolo familiare, s’intende) con un ragazzo ventitreenne di Torre Annunziata, residente dalle parti della Malpensa perché ivi impiegato nello spostare i bagagli o qualcosa di simile: Gaetano Salvi: niente di che, se vedete le innumeri fotografie su Wikipedia.

   Di ciò s’è parlato moltissimo, specie nelle trasmissioni televisive e sui settimanali. Lagrimevoli confessioni (omnibus perpensis) di Gabriel. Beh, da coglione ho ritenuto di aggiungere anche la mia. Mi dichiaravo fortemente pentito per avere sfottuto un ragazzo palesemente fragile. Gli chiedevo perdono per averlo preso in giro su di un fatto così delicato che doveva causargli (credevo; e ancora oso credere) profondi traumi psichici. E dichiaravo che questo Gabriel, da qualche tempo in ribasso, fosse stato costretto dai suoi padroni a fingere un dolorante coming out televisivo per dolorosamente (o dolosamente, visto il fine per che l’avevano mandato?) proclamare la sua identità erotica: in realtà, per far parlare, comunque, di sé.

I suoi padroni debbono avergli detto: “Non rendi più come velata, adesso tu ti dichiari in televisione, noi ti troviamo un fidanzato fisso, a posto, bruttino e sottoproletario, tu dichiari di aver incontrato il grande amore della tua vita, e tutto va in regola.” E così è andata avanti la ridda televisiva e dei settimanali. Nel mio articolo sul “Fatto” dichiaravo tutto ciò: beninteso, la mia – secondo me inconfutabile – ragione dei fatti. Ma guai a voler postulare una ragione! Che volete, mi piace trattare anche di quisquilie…

Ora, è vero o non è vero che Garko è al centro degl’interessi nazionali? È vero o non è vero che dove mette, o se lo fa mettere, il cazzo, è cosa da superare per importanza tutta la nostra politica estera? E che il lavoratore della Malpensa è un personaggio d’interesse e importanza patriottiche, quasi maresciallo Badoglio? Infine, anche per la mia età, è vero che io sia uno scrittore di un qualche rilievo sul terreno italiano? Il mio articolo si concludeva, peraltro, con le scuse per averlo preso in giro nel passato, Garko, e con l’espressione di tenerezza e pietà perché un essere umano, quale egli è, fosse privato dai suoi padroni del minimo della libertà personale? Allora, o egli è un essere moralmente inqualificabile o, come propendo a credere, un essere reificato, trasformato in una mera res, ossia di una cosa fungibile alla quale ogni diritto è sottratto?

La risposta è facile. E qui viene la mia perplessità. Su di Garko appaiono servizî anche quando acquista un nuovo cavallo: che, evidentemente, gli sta a cuore – buon per lui – più di Salvi Gaetano? Eppure, non un giornale, non una trasmissione radio- o televisiva, ha raccolto quel che mi pareva una argomentata riflessione. Volta, ora, a tentare di far capire a un mio sventurato fratello ch’è giunto il momento di viversela in proprio, la vita, quali che fossero le conseguenze: pure quelle di mettersi per istrada e “battere”, ma liberamente. Acchiappa dieci ragazzi al giorno, tanto sei bello e te lo puoi permettere!

Ma, a quel che pare evidente, l’ufficio stampa di Gabriel esercita in fatto più potere di quello della Presidenza del Consiglio? E che, per riprendere l’aforisma in campo filosofico di Wittgenstein, “di ciò di che non si può parlare, parlare non si deve?”

Partivamo da un piccolo gossip di ricchioni e siamo arrivati a una questione etica: e profonda. A me di Garko non importa nulla; ma ch’egli possa esercitare una libertà di uomo, diciamolo pure, importa per ragioni di principio. E, alla fine, ciò investe tutti noi.

Mi aiuti, amato Direttore Vittorio, a capirci qualcosa? Sono incorso nel Sacrilegio? Verrò scomunicato, per “offesa alla sacralità della Famiglia”, donec aliter provideatur: ossia, quel rogo che per tanti motivi mi merito…

 

*Da Libero Quotidiano del 10.11.2020

Paolo Isotta*

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